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12.11.2021

Emissioni, rinnovabili, consumo energetico e politica climatica: su 60 paesi l’Italia perde posizione e si classifica al 30° posto

Emissioni, rinnovabili, consumo energetico e politica climatica: su 60 paesi l’Italia perde posizione e si classifica al 30° posto 

Nei giorni scorsi è stata resa nota la classifica del Climate Change Performance Index (CCPI) 2022, che misura i progressi di 60 paesi, quelli che insieme rappresentano più del 90% delle emissioni globali di gas serra, nelle quattro categorie prese in analisi, emissioni di gas serra, energie rinnovabili, consumo energetico e politica climatica, stabilendo infine una classifica generale.

I paesi scandinavi, quindi Norvegia, Danimarca e Svezia si posizionano in prima linea nella valutazione generale, insieme a Marocco e Regno Unito, mentre i paesi che registrano i risultati peggiori sono Australia, Corea del Sud, Russia, Kazakistan e Arabia Saudita. Tra le nazioni del G20 spiccano India , Germania e Francia, mentre Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia si piazzano in basso alla classifica.

Per quanto riguarda lo sviluppo  e l’utilizzo delle energie rinnovabili, la Norvegia è quella che ottiene un punteggio molto alto, mentre i peggiori li hanno ottenuti Iran e Russia.

Il Regno Unito è leader nella riduzione delle emissioni di gas serra. La Cina invece, pur registrano ottimi risultati nel campo delle rinnovabili, rimane il primo paese per quantità di emissioni di CO2 prodotte, seguito dagli Stati Uniti (ma in questo caso, visto il recente cambio di presidenza, bisognerà aspettare ancora un po’ per  vedere risultati più positivi).

Guardando alle politiche climatiche, i paesi scandinavi, il Marocco, i Paesi Bassi, il Portogallo e la Francia hanno intrapreso percorsi ambiziosi, e anche la Germania e l’Unione Europea si posizionano piuttosto bene. Tra le nazioni che registrano risultati molto bassi troviamo quelli dell’est Europa, ossia Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania e Repubblica Ceca, ma i peggiori sono Australia, Brasile e Algeria.

Confrontando le valutazioni del CCPI di quest’anno con la classifica dell’anno precedente, si nota che i Paesi Bassi e la Grecia sono i paesi che hanno guadagnato più posizioni, mentre Lettonia, Croazia, Bielorussia e Algeria sono quelli che perdono più posizioni.

Ciò che più stupisce del Climate Change Performance Index (CCPI) 2022 è che le prime tre posizioni della classifica non sono state attribuite: ciò significa che nessuno dei 60 paesi presi in analisi ha raggiunto la performance necessaria a fronteggiare adeguatamente l’emergenza climatica e contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia di 1.5°C.

È altrettanto allarmante anche il fatto che, secondo quanto dichiarato dagli autori di questo CCPI, anche se tutti i paesi si fossero comportanti come quelli che hanno ottenuto i migliori risultati, le performance non sarebbero state abbastanza buone per arrivare a raggiungere gli obiettivi stabiliti. Nessun paese deve quindi smettere di intraprendere le azioni per la transizione energetica e la decarbonizzazione, ma deve continuare cercando di impegnarsi ancora di più.

L'Italia perde posizione

Nella classifica del Climate Change Performance Index (CCPI) 2022, tra i 60 paesi presi in considerazione, l’Italia si piazza perfettamente a metà, al 30° posto, perdendo tre posizioni rispetto all’anno precedente.

Le cause di questo recesso sarebbero diverse: prima tra tutte, il rallentamento dello sviluppo delle rinnovabili, dovuto principalmente alla lentezza delle procedure di autorizzazione per la realizzazione di impianti a energia rinnovabile, insieme a una politica climatica nazionale ancora troppo inadeguata per il raggiungimento degli obiettivi stabili, con i policy makers che mancano di proattività e che semplicemente si limitano a seguire gli indirizzi provenienti dall’Unione Europea.

All’Italia viene criticato il fatto che si stia ricorrendo all’uso del gas naturale come combustibile “ponte” per dismettere il carbone, poiché si tratta pur sempre di un combustibile fossile che genera emissioni inquinanti. E si punta il dito anche contro i bonus per l’edilizia, specialmente il Superbonus, che secondo gli esperti è una misura che non prevedere standard di efficienza energetica abbastanza rigorosi per contribuire realmente alla transizione ecologica del patrimonio edilizio italiano.  

“Il peggioramento in classifica dell’Italia – dichiara Mauro Albrizio, responsabile dell’ufficio europeo di Legambiente, che insieme a Gianni Silvestrini (Kyoto Club) ha contribuito alla realizzazione del CCPI di quest’anno– ci conferma l’urgenza di una drastica inversione di rotta. Si deve aggiornare al più presto il PNIEC per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti, in linea con l’obiettivo di 1.5°C, di almeno il 65% entro il 2030. Andando quindi ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal PNRR e confermando il phase-out del carbone entro il 2025 senza ricorrere a nuove centrali a gas.  L’Italia ha a disposizione ben 70 miliardi, allocati dal PNRR per la transizione ecologica, da investire per superare la crisi pandemica e fronteggiare l’emergenza climatica, attraverso una ripresa verde fondata su un’azione climatica ambiziosa, in grado di colmare i ritardi del PNIEC ed accelerare la decarbonizzazione dell’economia italiana in coerenza con l’obiettivo di 1.5°C dell’Accordo di Parigi. Solo così l’Italia potrà essere protagonista in Europa nell’impegno comune per fronteggiare l’emergenza climatica. Una sfida che possiamo e dobbiamo vincere”.

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