Sardegna e rinnovabili: un potenziale ancora inespresso
La Sardegna rischia di sprecare il proprio potenziale rinnovabile: moratorie, opposizioni e normative restrittive frenano un’isola che potrebbe autosostenersi al 100 % con solare e vento.

La Sardegna possiede condizioni geografiche favorevoli – irraggiamento solare elevato, venti intensi sia a terra che in mare, e vaste aree degradate ex-carbonifere – che potrebbero consentirle di autoprodursi energia rinnovabile sufficiente a coprire l’intero fabbisogno elettrico. Secondo uno studio citato, basterebbe utilizzare appena lo 0,4 % della superficie agricola. Eppure, nonostante promesse politiche, moratorie regionali e ostacoli normativi rischiano di bloccare lo sviluppo. Il risultato? Un territorio che dipende ancora fortemente dalle importazioni fossili, perdendo opportunità economiche, occupazionali e climatiche.
Un potenziale energetico straordinario
La Sardegna ha in mano carte vincenti: sole abbondante, venti marini competitivi e vaste superfici inutilizzate possono rendere l’isola quasi autosufficiente. Lo studio sopra citato stima che con l’energia da fonti rinnovabili – solare ed eolico – l’isola potrebbe alimentarsi interamente già entro il 2030, utilizzando misure minime del territorio.
Questo scenario offre non solo energia più economica per i cittadini e le imprese, ma anche la possibilità di creare nuovo valore sociale ed economico, con la creazione di posti di lavoro e una riduzione della dipendenza energetica esterna.
Le barriere che bloccano la transizione
Nonostante il potenziale, il ritmo di crescita delle rinnovabili in Sardegna è più lento che nel resto d’Italia. Le cause? Una moratoria regionale introdotta nel 2024 ha sospeso nuovi impianti per 18 mesi, e una legge regionale limita l’installazione rinnovabile sul 99 % del territorio.
Inoltre, il governo locale e alcune lobby sostengono la sostituzione del carbone con gas importato, rallentando gli investimenti veri nelle fonti pulite. Il panorama è aggravato da disinformazione e allarmismi su suolo, paesaggio e biodiversità che spesso generano opposizione sociale. In certi casi, progetti sono stati sabotati o vandalizzati.
Le scelte strategiche per non sprecare il potenziale rinnovabile
Perché la Sardegna possa valorizzare davvero le proprie risorse, non bastano interventi isolati: servono decisioni strategiche di lungo periodo. In primo luogo, è necessario superare i divieti generalizzati e adottare una normativa più equilibrata, che individui zone di accelerazione per gli impianti rinnovabili con criteri di valutazione differenziati. Le aree più sensibili dal punto di vista ambientale richiedono infatti standard stringenti, mentre quelle meno vincolate potrebbero essere destinate a uno sviluppo più rapido.
Un secondo elemento chiave è la definizione di una visione energetica regionale condivisa, capace di guardare oltre gli interessi locali e di pianificare al 2040 la domanda, le fonti disponibili, le connessioni con la rete e i bilanci territoriali. Solo con una prospettiva unitaria l’isola potrà diventare davvero competitiva nella transizione.
Infine, è fondamentale il coinvolgimento dei Comuni, ai quali andrebbe affidato un ruolo centrale nell’individuazione delle aree idonee, in sinergia con la cittadinanza. Questo approccio consentirebbe di coniugare sviluppo e tutela ambientale, trasformando i municipi in attori capaci di attrarre investimenti, generare nuove opportunità di lavoro e garantire una governance locale della transizione.
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