Perché il colosso di petrolio e gas naturale non teme le sanzioni europee
L’Europa ha annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che però non sembra temere la perdita delle esportazioni nel vecchio continente, che potrebbero essere colmate dai mercati asiatici

La dipendenza dell’Europa dalle forniture di gas da parte della Russia è un argomento che scotta, a cui i governi stanno cercando di rispondere nella maniera più efficiente e lungimirante possibile, ma perché le risorse energetiche russe sono così importanti per il vecchio continente?
La Russia, insieme ad Arabia Saudita e Stati Uniti, è uno dei principali produttori mondiali di petrolio greggio: nel 2021 la produzione petrolifera russa ha raggiunto i 10,5 milioni di barili al giorno (bpd), rappresentando il 14% dell'offerta totale mondiale, di cui quasi la metà sono stati esportati nei paesi di tutto il mondo. Con 1,6 milioni di barili al giorno, la nazione che esporta maggiormente petrolio dalla Russia è la Cina, ma anche l’Europa ne esporta un volume significativo, pari a 2,4 milioni di barili al giorno.
L’esportazione è favorita dall’ampia capacità dei gasdotti russi, che possono spedire grandi quantità di petrolio in queste zone: il sistema di gasdotti Druzhba misura circa 5.500 km e rappresenta la rete di gasdotti più lunga del mondo, in grado di trasportare 750.000 barili al giorno di greggio direttamente alle raffinerie dell'Europa centrale e orientale.
Attualmente, la Russia fornisce circa il 20% della produzione totale di greggio di raffineria europea, e ha una capacità di raffinazione stimata di 6,9 milioni di barili al giorno e produce una notevole quantità di prodotti petroliferi, come benzina e diesel.
Nell’ultimo decennio le società russe hanno investito molto nella capacità di raffinazione primaria e secondaria, al fine di trarre vantaggio dalla tassazione governativa favorevole, nonché dalla crescente domanda globale di diesel. La Russia infatti produce quasi il doppio del diesel necessario al paese, e quello che avanza lo esporta, principalmente nei paesi europei, dove nel 2021 ne ha esportato 750.000 bpd soddisfacendo il 10% della domanda.
La Russia è anche il secondo produttore mondiale di gas naturale, dopo gli Stati Uniti, ed è il più grande esportatore; basti pensare che nel 2021 ha prodotto 762 miliardi di metri cubi di gas naturale, e ne ha esportato circa 210 miliardi di metri cubi tramite i propri gasdotti.
Il più grande produttore di gas naturale è Gazprom, società di proprietà statale, anche se la recente crescita produttiva delle altre società (Novatek e Rosneft) ha ridotto la sua quota, che comunque nel 2021 rappresentava ancora il 68% della produzione annuale di gas russo.
La Russia possiede anche un'ampia rete di gasdotti per l'esportazione di gas, sia tramite rotte di transito attraverso la Bielorussia e l'Ucraina, sia tramite gasdotti che inviano il gas direttamente in Europa (come i gasdotti Nord Stream, Blue Stream e TurkStream). In aggiunta, nel 2021 il paese aveva completato i lavori sul nuovo gasdotto Nord Stream II, che però è stato bloccato dalla Germania, a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo.
L’anno scorso il gas naturale proveniente dalla Russia ha rappresentato il 45% delle importazioni e quasi il 40% della domanda dell'Unione europea: una quota che negli ultimi anni è cresciuta notevolmente, conseguentemente alla diminuzione della produzione interna di gas
Con paesi come Germania, Turchia e Italia, i maggiori importatori di gas, l’Europa rappresenta un mercato particolarmente strategico per la Russia, dove nel 2021 i proventi derivati da petrolio e gas naturale hanno rappresentano quasi il 50% del bilancio federale.
Uno scenario durato per decenni, che però presto potrebbe ambiare radicalmente. Il progredire del conflitto in Ucraina ha portato l’Unione Europea a introdurre delle pesanti sanzioni alla Russia: proprio oggi è stato approvato un altro pacchetto di misure che, tra le varie cose, vietate le importazioni di carbone russo, in qualsiasi forma . L’Europa minaccia inoltre di non importare più anche il gas, e anche l’Italia ha già dichiarato che, in tal caso, si allineerà alla posizione europea sull’embargo del gas russo, anche se rinunciare al gas però potrebbe voler dire ricorrere nuovamente.
Con questi provvedimenti, l’Unione Europea sta cercando di “punire” il Cremlino, e convincerlo a ritirare le truppe dai territori ucraini, nella convinzione che la perdita di un cliente così appetibile come l’Europa possa diventare una leva strategica per mettere fine al conflitto.
Ma l’Europa deve tenere conto del fatto, così come anche lei sta cercando delle alterative alle risorse energetiche russe, anche la stessa Russia si sta già muovendo verso nuovi mercati, per ridurre la sua dipendenza dalle esportazioni europee. E si sta orientando (già da tempo) verso l’Asia.
Con il gasdotto Power of Siberia, lanciato nel 2019 e creato per rifornire direttamente la Cina, l’anno scorso Gazprom vi ha esportato più di 10 miliardi di metri cubi di gas naturale, una quota che è destinate a salire prossimamente, in quanto il gasdotto ha una capacità totale di 38 miliardi di metri cubi. Inoltre, la Russia sta cercando di sviluppare un secondo gasdotto verso la Cina, questa volta con capacità di 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno; in merito a questo però non ci sono ancora accordi ufficiali, ma è chiaro che ciò ridurrebbe notevolmente la dipendenza della Russia dalle importazioni di gas da parte dei paesi europei.
La Russia si sta mobilitando anche per aumentare le esortazioni di gas naturale liquefatto per competere con Stati Uniti, Australia e Qatar: l’anno scorso il governo ha presentato un piano di sviluppo del GNL a lungo termine, con l'obiettivo di esportare 110-190 miliardi di metri cubi all'anno di GNL entro il 2025. Già nel 2021, il paese ha esportato ben 40 miliardi di metri cubi di GNL, diventandone così il quarto esportatore mondiale.
Focus Correlati


