Focus Dal mondo

02.03.2022

Guerra Ucraina-Russia: l’Europa rischia di rimanere senza gas (o di pagarlo ancora di più!)

I risvolti economici della guerra tra Russia e Ucraina hanno puntato i riflettori sulla dipendenza dell’Europa dal gas e da altre materie prime russe, e i governi occidentali dovranno trovare delle soluzioni alternative per l’approvvigionamento di energia

Fin dai primi giorni, le tensioni geopolitiche causate dall'invasione russa dell'Ucraina hanno avuto un effetto immediato sull'economia e su diversi mercati globali, ed è ormai chiaro che porteranno a drammatiche implicazioni durature nel settore energetico, per quanto riguarda le materie prime, la politica energetica e la transizione energetica.

L’inizio dei combattimenti ha portato il blocco occidentale alla decisione di interrompere i legami economici con la Russia, anche se molti paesi europei dipendono dalla questa nazione per l’approvvigionamento di molte materie prime, come gas, carbone, petrolio, minerale di ferro, alluminio, metalli del gruppo del platino e zinco a rame, piombo, prodotti petrolchimici e fertilizzanti.

La guerra in Ucraina ha infatti aumentato le pressioni sul mercato del gas europeo, che stava già attraversando la peggiore crisi mai registrata causata da un aumento dei prezzi vertiginoso. Se da un lato l’Ucraina è il terzo produttore europeo del settore petrolifero e del gas, dall’altro occorre tenere presente che il 38% della domanda di gas europea è coperta dalle importazioni di gasdotti russi.

Per quanto riguarda il carbone, quello proveniente dalla Russia è di una qualità particolare, e rappresenta circa il 30% delle importazioni europee di carbone metallurgico e oltre il 60% di quelle di carbone termico. Ma il carbone attualmente rappresenta all’incirca il 14% del mix energetico dell'Europa, quindi l'impatto sui mercati energetici europei di una eventuale carenza di carbone russo non sarebbe così significativo come quello del gas.

Secondo le previsioni di Wood Mackenzie, non è così probabile che la Russia, in risposta alle sanzioni dei paesi occidentali, riduca le sue esportazioni di petrolio, poiché le sue entrate sarebbero fortemente ridotte. Russia e Arabia Saudita però sono partner di un accordo OPEC+ sul contenimento della produzione, e i sauditi non hanno dimostrato interesse ad aiutare gli Stati Uniti ad affrontare l'aumento dei prezzi del petrolio. Per l’Europa, il diesel/gasolio russo è di maggiore importanza rispetto al petrolio, poiché il continente importa oltre l'8% della sua domanda dalla Russia.

L'Ucraina ha pochi impianti di produzione su larga scala per l'estrazione e la lavorazione dei metalli, quindi l'interruzione della produzione avrà un impatto relativamente piccolo a livello globale. Ma la cessazione della produzione e dell'esportazione di alcune materie prime metallurgiche, come l'alluminio, i metalli del gruppo del platino e il minerale di ferro, avrebbe un forte impatto, poiché questi mercati sono già sotto pressione. Di maggiore importanza sono i limiti alla capacità dei produttori russi di importare materie prime o esportare prodotti finiti con l'aumento delle sanzioni e il blocco dei pagamenti, che mettono a rischio tutte le società metallurgiche e minerarie i cui azionisti hanno legami con il Cremlino.

Nel caso del settore petrolchimico, la Russia risponde di poco meno del 16% della produzione totale europea, principalmente nella filiera del polietilene: questo rende la Russia un attore importante in questa industria, ma che di certo non ha un ruolo così critico.

L’Europa dovrà cercare un’alternativa al gas russo

Il problema è che, come abbiamo detto, i paesi europei dipendono molto, almeno a breve termine, dalle materie prime della Russia, soprattutto per il gas naturale, di cui è il secondo produttore mondiale di gas naturale. Per questo motivo i governi occidentali stanno dovranno trovare delle soluzioni valide per far fronte alla questione dell’approvvigionamento di energia a breve termine, almeno per il riscaldamento per il prossimo inverno, ma dovranno anche stabilire dei piani per ridurre la dipendenza dal gas russo nel medio e lungo termine.

Le sanzioni pecuniarie introdotte nei giorni scorsi cercano, almeno per il momento, di impattare nei limiti del possibile il commercio di energia, per evitare di interrompere il flusso di petrolio, gas e carbone dalla Russia. Ma, come suggerito la scorsa settimana da Simon Flowers, capo analista di Wood Mackenzie,  l'invasione dell'Ucraina potrebbe causare alla Russia cambiamenti radicali nelle relazioni commerciali per l’energia non solo con l’Europa occidentale, ma anche con il resto del mondo.

Con le sanzioni che verranno applicate, i leader europei hanno segnalato un profondo cambiamento, che nel lungo periodo porterà alla diminuzione della dipendenza dall'energia russa e l’orientamento verso altre fonti energetiche, tra cui il GNL, l’energia nucleare e quelle rinnovabili.  In Germania sono appena state chiuse alcune centrali nucleari, e si sta cercando di diversificare le fonti energetiche alternative al gas, mentre in Francia il governo scommette sul nucleare come fonte strategica  per assicurare sicurezza energetica e riduzione delle emissioni.

Trovare alternative alle risorse energetiche russe però non sarà un’impresa né facile, né tantomeno veloce: per diversi decenni, grazie all’abbondanza di idrocarburi, la Russia è stato un fornitore di energia affidabile, sia per l’Europa occidentale che per molti altri paesi, ma l’escalation del conflitto in Ucraina ha decisamente cambiato questo scenario.

Gli Stati Uniti potrebbero essere una valida alternativa:  possiedono le risorse, le infrastrutture e la capacità di realizzare nuovi progetti per ottenere un aumento significativo delle proprie esportazioni di GNL,  in tempi relativamente brevi. Non si tratta comunque di una risposta a carenze immediate, poiché gli impianti di esportazione di GNL degli Stati Uniti stanno già funzionando a pieno regime, ma in qualche anno potrebbe dare un contributo significativo alla riduzione della dipendenza dell'Europa dal gas russo.

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