Focus Efficienza Energetica
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L’Italia (ma anche l’Europa) rischiano di mancare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030: i problemi della governance per la transizione energetica
Lo studio che dimostra il grave ritardo nel raggiungimento degli obiettivi climatici causato da una gestione inefficiente della governance per la transizione energetica
Enel Foundation e The European House – Ambrosetti hanno reso noto lo studio intitolato “European Governance of the Energy Transition – Enabling Investments” , una ricerca sulle azioni e sugli investimenti da parte della governance europea per la transizione energetica, che tratta anche il caso specifico dell’Italia.
La sostenibilità del settore energetico ripone le sue speranze proprio in una gestione efficiente da parte delle attività di governance, un fattore molto importante poiché, se viene coordinata in maniera ottimale, può avere degli impatti estremamente positivi sia sul PIL che sul tasso di occupazione. La ricerca pubblicata analizza a che punto è l’Italia, e nel complesso l’Unione Europea, con il percorso di decarbonizzazione, per la quale il governo centrale europeo ha da tempo fissato il termine entro il 2030.
Come si pone la governance in questo contesto è il tema centrale del documento, che cerca di individuare i punti deboli nella gestione delle attività per la transizione energetica, che devono essere affrontati e risolti per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici stabiliti.
I punti chiave della ricerca presentata nei giorni scorsi a Cernobbio sono diversi. Sicuramente nei prossimi 10 anni saranno cruciali le azioni per tenere il riscaldamento globale sotto la soglia di 1,5° e l’Europa mira ad affermarsi come il leader globale per la transizione energetica, grazie agli ambiziosi obiettivi che si è posta e alla volontà di rilanciare la propria economia puntando sulla sostenibilità. In primis, la volontà di ridurre le emissioni inquinanti di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai valori registrati nel 1990, a cui segue quella di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050 grazie alle politiche di efficienza e risparmio energetici che già sono (e che verranno messe) in atto.
In questo l’Italia gioca un ruolo fondamentale in quanto, tra gli Stati membri, è quello che ha ricevuto più benefici dal Next Generation EU: circa 235 miliardi di euro che verranno impiegati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) elaborato dal governo italiano, di cui il 30% servirà a compiere la cosiddetta Missione 2 per la “Rivoluzione Verde”.
Ma, se la situazione attuale si protrae ancora per molto, probabilmente né l’Italia né l’Europa riusciranno a raggiungere gli obiettivi per la decarbonizzazione entro il 2030: secondo quanto riportato nella ricerca di Enel Foundation e The European House – Ambrosetti, l’Europa avrebbe infatti un ritardo di circa 19 anni, mentre l’Italia di 29 anni.
La causa di questa lentezza è dovuta in parte alla mancanza di governance, riscontrata a livello europeo, nazionale e anche locale. Che cosa vuol dire? La governance per la transizione energetica è “l’insieme di ruoli, regole, procedure e strumenti (a livello legislativo, attuativo e di monitoraggio) concernenti la gestione della transizione energetica che mira al raggiungimento di obiettivi strategici e operativi”. Ciò significa che rappresenta tutte quelle azioni necessarie a fissare (e a raggiungere) gli obiettivi climatici, energetici e ambientali, a massimizzare la cooperazione tra gli stakeholder, a facilitare gli investimenti, garantendo al contempo procedure regolari e stabilendo disposizioni in materia di responsabilità, controllo e applicazione.
Le azioni di governance europea sono influenzate dal fatto che l’energia è una competenza condivisa tra gli organi centrali e gli Stati membri, da un sistema che si basa su obiettivi vincolanti a livello europeo e altri non vincolanti per gli Stati membri, e quindi dalla necessità di rafforzare il meccanismo di gestione degli obiettivi, poiché non tutte le nazioni affrontano adeguatamente tutte le emergenze attuali.
Anche la governance per la transizione energetica in Italia incontra diverse difficoltà: c’è una forte frammentazione delle competenze tra il governo centrale e le istituzioni locali, che quindi portano a differenze territoriali invece che a un’applicazione uniforme dei provvedimenti in materia energetica. Altri fattori negativi sono rappresentati dallo scarso coinvolgimento delle comunità locali per promuovere l’utilizzo delle energie rinnovabili, dalla mancanza di personale e di figure professionali adatte, e dalla divisione nella progettazione di politiche settoriali.
La transizione energetica comporta numerosi vantaggi economici, sociali e ambientali ma può essere portata a compimento solo se guidata da una governance efficiente, ed è per questo che il testo dello studio propone 7 possibili soluzioni per migliorare la struttura della governance. I primi 4 punti riguardano le azioni da intraprendere a livello europeo:
1) implementare una forte cooperazione all’interno della governance per la transizione energetica, di cui venga ufficialmente riconosciuto il ruolo cruciale;
2) adottare un approccio regionale per aumentare l’integrazione nel mercato europeo;
3) incoraggiare a livello nazionale il meccanismo di adeguamento delle emissioni importate (carbon border adjustment mechanism CBAM);
4)promuovere meccanismi più efficaci per assicurare che i contributi stanziati dalle nazioni siano coerenti con l’Accordo di Parigi;
Gli ultimi due invece si focalizzano sulla situazione italiana:
5) semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti che utilizzano energie rinnovabili e favorire gli interventi per l’efficienza energetica;
6) creare un meccanismo di interazione tra le autorità locali e gli operatori energetici che sia omogeneo e standardizzato;
7) promuovere la piena integrazione tra la rete di distribuzione energetica nazionale e distretti e clusters locali delle compagnie, ecosistemi di innovazione e comunità energetiche.
La sostenibilità del settore energetico ripone le sue speranze proprio in una gestione efficiente da parte delle attività di governance, un fattore molto importante poiché, se viene coordinata in maniera ottimale, può avere degli impatti estremamente positivi sia sul PIL che sul tasso di occupazione. La ricerca pubblicata analizza a che punto è l’Italia, e nel complesso l’Unione Europea, con il percorso di decarbonizzazione, per la quale il governo centrale europeo ha da tempo fissato il termine entro il 2030.
Come si pone la governance in questo contesto è il tema centrale del documento, che cerca di individuare i punti deboli nella gestione delle attività per la transizione energetica, che devono essere affrontati e risolti per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici stabiliti.
I punti chiave della ricerca presentata nei giorni scorsi a Cernobbio sono diversi. Sicuramente nei prossimi 10 anni saranno cruciali le azioni per tenere il riscaldamento globale sotto la soglia di 1,5° e l’Europa mira ad affermarsi come il leader globale per la transizione energetica, grazie agli ambiziosi obiettivi che si è posta e alla volontà di rilanciare la propria economia puntando sulla sostenibilità. In primis, la volontà di ridurre le emissioni inquinanti di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai valori registrati nel 1990, a cui segue quella di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050 grazie alle politiche di efficienza e risparmio energetici che già sono (e che verranno messe) in atto.
In questo l’Italia gioca un ruolo fondamentale in quanto, tra gli Stati membri, è quello che ha ricevuto più benefici dal Next Generation EU: circa 235 miliardi di euro che verranno impiegati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) elaborato dal governo italiano, di cui il 30% servirà a compiere la cosiddetta Missione 2 per la “Rivoluzione Verde”.
Ma, se la situazione attuale si protrae ancora per molto, probabilmente né l’Italia né l’Europa riusciranno a raggiungere gli obiettivi per la decarbonizzazione entro il 2030: secondo quanto riportato nella ricerca di Enel Foundation e The European House – Ambrosetti, l’Europa avrebbe infatti un ritardo di circa 19 anni, mentre l’Italia di 29 anni.
La causa di questa lentezza è dovuta in parte alla mancanza di governance, riscontrata a livello europeo, nazionale e anche locale. Che cosa vuol dire? La governance per la transizione energetica è “l’insieme di ruoli, regole, procedure e strumenti (a livello legislativo, attuativo e di monitoraggio) concernenti la gestione della transizione energetica che mira al raggiungimento di obiettivi strategici e operativi”. Ciò significa che rappresenta tutte quelle azioni necessarie a fissare (e a raggiungere) gli obiettivi climatici, energetici e ambientali, a massimizzare la cooperazione tra gli stakeholder, a facilitare gli investimenti, garantendo al contempo procedure regolari e stabilendo disposizioni in materia di responsabilità, controllo e applicazione.
Le azioni di governance europea sono influenzate dal fatto che l’energia è una competenza condivisa tra gli organi centrali e gli Stati membri, da un sistema che si basa su obiettivi vincolanti a livello europeo e altri non vincolanti per gli Stati membri, e quindi dalla necessità di rafforzare il meccanismo di gestione degli obiettivi, poiché non tutte le nazioni affrontano adeguatamente tutte le emergenze attuali.
Anche la governance per la transizione energetica in Italia incontra diverse difficoltà: c’è una forte frammentazione delle competenze tra il governo centrale e le istituzioni locali, che quindi portano a differenze territoriali invece che a un’applicazione uniforme dei provvedimenti in materia energetica. Altri fattori negativi sono rappresentati dallo scarso coinvolgimento delle comunità locali per promuovere l’utilizzo delle energie rinnovabili, dalla mancanza di personale e di figure professionali adatte, e dalla divisione nella progettazione di politiche settoriali.
La transizione energetica comporta numerosi vantaggi economici, sociali e ambientali ma può essere portata a compimento solo se guidata da una governance efficiente, ed è per questo che il testo dello studio propone 7 possibili soluzioni per migliorare la struttura della governance. I primi 4 punti riguardano le azioni da intraprendere a livello europeo:
1) implementare una forte cooperazione all’interno della governance per la transizione energetica, di cui venga ufficialmente riconosciuto il ruolo cruciale;
2) adottare un approccio regionale per aumentare l’integrazione nel mercato europeo;
3) incoraggiare a livello nazionale il meccanismo di adeguamento delle emissioni importate (carbon border adjustment mechanism CBAM);
4)promuovere meccanismi più efficaci per assicurare che i contributi stanziati dalle nazioni siano coerenti con l’Accordo di Parigi;
Gli ultimi due invece si focalizzano sulla situazione italiana:
5) semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti che utilizzano energie rinnovabili e favorire gli interventi per l’efficienza energetica;
6) creare un meccanismo di interazione tra le autorità locali e gli operatori energetici che sia omogeneo e standardizzato;
7) promuovere la piena integrazione tra la rete di distribuzione energetica nazionale e distretti e clusters locali delle compagnie, ecosistemi di innovazione e comunità energetiche.