Speciale 53
I biocarburanti: utilizzi, possibilità, tecnologie
Alcuni contenuti di questo speciale:
Articolo
di Architetto Fabrizio Manzoni
Tecnologie della produzione dei biocarburanti
Come si può notare dagli schemi di principio, la produzione di biocarburante non è per niente un procedimento semplice. Benché si trovino in rete ricette per l’autoproduzione, affinché l’evoluzione di questo tipo di tecnologia possa avere effetti certi e definitivi in termini di eco-compatibilità è necessario che gli specialisti continuino a lavorarci, a studiare nuovi processi e l’utilizzo di nuove tipologie di biomasse.
Si è già parlato del riutilizzo dei prodotti dell’industria zootecnica o degli olii esausti, ma vale la pena di notare che anche l’utilizzo di sfalci o di prodotti agricoli può avere un benefico effetto sulla conservazione del territorio in quanto sono utilizzabili quei ritagli di territorio che normalmente non si utilizzerebbero mai e che comunque vanno mantenuti in ordine per ragione di igiene ambientale. Si stanno comunque ancora studiando gli effetti di queste produzioni a livello globale. Uno degli argomenti portato da chi contrasta questo tipo di produzione è che si abbattono grandi spazi alberati per costituire i terreni di coltivo necessari, oltre al fatto che si utilizzano grandi quantità d’acqua per la crescita e di carburante per far muovere le macchine agricole. La produzione di biocarburante deve dunque essere contestualizzata affinché per mantenere una effettiva biocompatibilità si utilizzino materie prime a disposizione sul luogo come appunto prodotti zootecnici nel caso di grandi allevamenti o derivati vegetali nel caso di grandi appezzamenti di terreno già in uso. Anche la disponibilità di olii esausti può essere considerata una risorsa locale i cui effetti benefici si riducono se gli olii devono essere trasportati lontano.
Le tecnologie di produzione inoltre si auto sostengono energeticamente. Ad esempio nel caso della produzione di biogas, il generatore utilizza parte dell’energia elettrica e parte dell’energia termica prodotte per il funzionamento delle apparecchiature di triturazione, miscelazione e trasferimento dei liquami. In effetti il grosso del lavoro è fatto dai batteri all’interno del “digestore”, il grosso serbatoio con copertura a cupola nel quale viene “liberato” un gas simile al metano che poi viene depurato e lavorato prima di poter essere utilizzato.
Anche nel caso del biodiesel e del bio etanolo parte del prodotto viene riutilizzato per mantenere in temperatura le biomasse di origine attraverso l’uso di una caldaia funzionante, appunto, con questi prodotti.
Gli impianti e i macchinari sono comunque complessi e di dimensioni ragguardevoli, richiedono un’impiantistica di supporto adeguata in termini di quadri elettrici, linee di alimentazione elettriche e idriche, costruzioni per il loro contenimento e infine spazi logistici per lo stoccaggio delle materie prime e la loro movimentazione. Gli impianti poi hanno sempre bisogno di una supervisione durante il funzionamento e di una certa manutenzione.
Un impianto di produzione di biocarburante potrebbe essere schematizzato come segue in rapporto all’impiantistica di contorno necessaria:
Si è già parlato del riutilizzo dei prodotti dell’industria zootecnica o degli olii esausti, ma vale la pena di notare che anche l’utilizzo di sfalci o di prodotti agricoli può avere un benefico effetto sulla conservazione del territorio in quanto sono utilizzabili quei ritagli di territorio che normalmente non si utilizzerebbero mai e che comunque vanno mantenuti in ordine per ragione di igiene ambientale. Si stanno comunque ancora studiando gli effetti di queste produzioni a livello globale. Uno degli argomenti portato da chi contrasta questo tipo di produzione è che si abbattono grandi spazi alberati per costituire i terreni di coltivo necessari, oltre al fatto che si utilizzano grandi quantità d’acqua per la crescita e di carburante per far muovere le macchine agricole. La produzione di biocarburante deve dunque essere contestualizzata affinché per mantenere una effettiva biocompatibilità si utilizzino materie prime a disposizione sul luogo come appunto prodotti zootecnici nel caso di grandi allevamenti o derivati vegetali nel caso di grandi appezzamenti di terreno già in uso. Anche la disponibilità di olii esausti può essere considerata una risorsa locale i cui effetti benefici si riducono se gli olii devono essere trasportati lontano.
Le tecnologie di produzione inoltre si auto sostengono energeticamente. Ad esempio nel caso della produzione di biogas, il generatore utilizza parte dell’energia elettrica e parte dell’energia termica prodotte per il funzionamento delle apparecchiature di triturazione, miscelazione e trasferimento dei liquami. In effetti il grosso del lavoro è fatto dai batteri all’interno del “digestore”, il grosso serbatoio con copertura a cupola nel quale viene “liberato” un gas simile al metano che poi viene depurato e lavorato prima di poter essere utilizzato.
Anche nel caso del biodiesel e del bio etanolo parte del prodotto viene riutilizzato per mantenere in temperatura le biomasse di origine attraverso l’uso di una caldaia funzionante, appunto, con questi prodotti.
Gli impianti e i macchinari sono comunque complessi e di dimensioni ragguardevoli, richiedono un’impiantistica di supporto adeguata in termini di quadri elettrici, linee di alimentazione elettriche e idriche, costruzioni per il loro contenimento e infine spazi logistici per lo stoccaggio delle materie prime e la loro movimentazione. Gli impianti poi hanno sempre bisogno di una supervisione durante il funzionamento e di una certa manutenzione.
Un impianto di produzione di biocarburante potrebbe essere schematizzato come segue in rapporto all’impiantistica di contorno necessaria:
In questo Speciale
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