Speciale 47
Innovazioni del Freddo e del Condizionamento, il XV Convegno Europeo
Alcuni contenuti di questo speciale:
Articolo
Refrigerazione e condizionamento verso la sostenibilità e il risparmio energetico
I settori della refrigerazione e del condizionamento, tra i più energivori a livello globale, hanno subito, nel corso degli ultimi due decenni, un vero e proprio cambio di paradigma a livello tecnologico e una successiva evoluzione costante nel tempo, sempre tesa al risparmio energetico e alla salvaguardia dell’ambiente.
Il Protocollo di Montreal (1987), che ha costituito la base di partenza per questo cambiamento, mettendo al bando i gas HCFC, è ad oggi il più importante accordo a livello mondiale per la salvaguardia dell’ambiente.
Secondo Jim Curlin dell’UNEP (United Nation Environment Programme), però, questo processo non è ancora del tutto compiuto: “nel 2011, 138 paesi vedevano la presenza di questi gas all’interno dei propri confini, mentre 7 paesi producono ancora oggi gli HCFC, in particolare la Cina, che possiede il 92% della produzione mondiale”.
I gas HFC, che hanno sostituito gli HCFC scongiurando il problema del buco nell’ozono, comportano però un potenziale altro rischio, aprendo una questione oggi ancora tutta da risolvere: quella del riscaldamento globale, dovuto all’effetto serra. Il potenziale di riscaldamento del pianeta (GWP - Global Warmin Potential) dei gas HFC supera infatti di migliaia di volte quello del biossido di carbonio e li classifica come uno dei prodotti a più alto rischio.
“Le emissioni di CO2 equivalente degli HFC è aumentata dell’8% all’anno dal 2004 al 2008 - ha dichiarato durante il convegno Janos Matè, consulente della Greenpeace International Political Business Unit - entro il 2050 le emissioni annuali aumenteranno da 3.5 a 8.8 Gt CO2 equivalenti, tra il 18 e il 45% delle emissioni totali di CO2”.
Risulta facile capire, quindi, quanto l’utilizzo di questi gas comporti un rischio potenziale molto alto, tanto che l’UE intende accelerare la messa al bando degli HFC, prevista per il 2030, incentivando la commercializzazione di gas refrigeranti alternativi: “l’Europa - commenta l’On. Oreste Rossi, Europarlamentare Italiano Componente della Commissione sui refrigeranti - intende continuare nella politica di regolamentazione delle sostanze dannose per l’ambiente, segnatamente quelle responsabili del buco dell’ozono (ormai problema quasi risolto) e del riscaldamento globale”.
La maggior parte delle tecnologie che utilizzano refrigeranti naturali funzionano con CO2, idrocarburi, ammoniaca, acqua ed aria e possono ormai coprire tutti i tipi di applicazioni, dalla refrigerazione e condizionamento domestico, fino alle applicazioni per il settore commerciale, il condizionamento mobile e la lavorazione industriale.
La commercializzazione di questi nuovi prodotti sembra però essere difficile, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, a causa dei costi molto elevati, della scarsa diffusione delle applicazioni tecnologiche che ne fanno uso e dei problemi legati alla sicurezza.
“La sfida della sostituzione degli HFC implica l’adattamento di molti sistemi in tutti i tipi di applicazioni e in ogni condizione climatica - commenta Didier Coulomb, presidente IIR - ci sono diverse soluzioni teoriche: tuttavia, gli sviluppi tecnici ottenuti fino ad ora non permettono di raggiungere il rendimento energetico ottimale dei sistemi e la loro sicurezza”.
Non si tratta quindi solamente di una sfida tecnologica e scientifica, ma anche e soprattutto di una sfida dal punto di vista delle regolamentazioni e della standardizzazione, soprattutto per quanto riguarda l’infiammabilità e la tossicità dei refrigeranti a basso o moderato GWP, gli HFC e i refrigeranti naturali.
“La sicurezza riguarda tutti - conclude Coulomb - tuttavia, il livello di sicurezza dipende sia dalla tecnologia utilizzata che dalla qualità della formazione e della certificazione: se miglioriamo questi parametri anche le regolamentazioni sulla sicurezza dovranno cambiare”.

Il Protocollo di Montreal (1987), che ha costituito la base di partenza per questo cambiamento, mettendo al bando i gas HCFC, è ad oggi il più importante accordo a livello mondiale per la salvaguardia dell’ambiente.
Secondo Jim Curlin dell’UNEP (United Nation Environment Programme), però, questo processo non è ancora del tutto compiuto: “nel 2011, 138 paesi vedevano la presenza di questi gas all’interno dei propri confini, mentre 7 paesi producono ancora oggi gli HCFC, in particolare la Cina, che possiede il 92% della produzione mondiale”.
I gas HFC, che hanno sostituito gli HCFC scongiurando il problema del buco nell’ozono, comportano però un potenziale altro rischio, aprendo una questione oggi ancora tutta da risolvere: quella del riscaldamento globale, dovuto all’effetto serra. Il potenziale di riscaldamento del pianeta (GWP - Global Warmin Potential) dei gas HFC supera infatti di migliaia di volte quello del biossido di carbonio e li classifica come uno dei prodotti a più alto rischio.
“Le emissioni di CO2 equivalente degli HFC è aumentata dell’8% all’anno dal 2004 al 2008 - ha dichiarato durante il convegno Janos Matè, consulente della Greenpeace International Political Business Unit - entro il 2050 le emissioni annuali aumenteranno da 3.5 a 8.8 Gt CO2 equivalenti, tra il 18 e il 45% delle emissioni totali di CO2”.
Risulta facile capire, quindi, quanto l’utilizzo di questi gas comporti un rischio potenziale molto alto, tanto che l’UE intende accelerare la messa al bando degli HFC, prevista per il 2030, incentivando la commercializzazione di gas refrigeranti alternativi: “l’Europa - commenta l’On. Oreste Rossi, Europarlamentare Italiano Componente della Commissione sui refrigeranti - intende continuare nella politica di regolamentazione delle sostanze dannose per l’ambiente, segnatamente quelle responsabili del buco dell’ozono (ormai problema quasi risolto) e del riscaldamento globale”.
La maggior parte delle tecnologie che utilizzano refrigeranti naturali funzionano con CO2, idrocarburi, ammoniaca, acqua ed aria e possono ormai coprire tutti i tipi di applicazioni, dalla refrigerazione e condizionamento domestico, fino alle applicazioni per il settore commerciale, il condizionamento mobile e la lavorazione industriale.
La commercializzazione di questi nuovi prodotti sembra però essere difficile, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, a causa dei costi molto elevati, della scarsa diffusione delle applicazioni tecnologiche che ne fanno uso e dei problemi legati alla sicurezza.
“La sfida della sostituzione degli HFC implica l’adattamento di molti sistemi in tutti i tipi di applicazioni e in ogni condizione climatica - commenta Didier Coulomb, presidente IIR - ci sono diverse soluzioni teoriche: tuttavia, gli sviluppi tecnici ottenuti fino ad ora non permettono di raggiungere il rendimento energetico ottimale dei sistemi e la loro sicurezza”.
Non si tratta quindi solamente di una sfida tecnologica e scientifica, ma anche e soprattutto di una sfida dal punto di vista delle regolamentazioni e della standardizzazione, soprattutto per quanto riguarda l’infiammabilità e la tossicità dei refrigeranti a basso o moderato GWP, gli HFC e i refrigeranti naturali.
“La sicurezza riguarda tutti - conclude Coulomb - tuttavia, il livello di sicurezza dipende sia dalla tecnologia utilizzata che dalla qualità della formazione e della certificazione: se miglioriamo questi parametri anche le regolamentazioni sulla sicurezza dovranno cambiare”.
