Più efficienza energetica e meno impatto ambientale: il mantra della riqualificazione degli edifici del futuro
Fino ad ora le scelte politiche e tecniche hanno sottolineato l’importanza di adottare sistemi e soluzioni che riducano le emissioni nell’ambiente e, soprattutto, il consumo di energia. In particolare, fondamentalmente è stato incentivato:
- l’impiego di generatori termici con sempre più elevata efficienza, al fine di ridurre, a parità di produzione, l’emissione di inquinanti atmosferici;
- la produzione di energia da fonti rinnovabili e pulite, per ridurre la dipendenza da quelle tradizionali, generalmente più dispendiose e impattanti per l’ambiente;
- l’uso di tecnologie e materiali per aumentare le capacità isolanti dell’involucro, con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici degli edifici.
Non c’è dubbio che tutte queste strategie siano favorevoli alla riduzione dell’impatto ambientale, ma vanno bene tutte allo stesso modo, ovvero, si equivalgono? Le agevolazioni economiche tutt’ora disponibili si differenziano in funzione della tipologia di intervento, degli elementi edilizi interessati dallo stesso e dei risultati raggiungibili in relazione ai consumi energetici o allo sfruttamento di fonti rinnovabili per produrre energia. Non si basano completamente sull’impronta ambientale di una scelta piuttosto che di un’altra, soprattutto riguardo al ciclo di vita dei prodotti e dei materiali impiegati.
Tutto ciò che è impiegato in edilizia, dai materiali da costruzione, ai rivestimenti, agli infissi, agli impianti, è costituito da componenti di varia origine. Ogni elemento è realizzato a partire da materie prime o di riciclo, opportunamente lavorate e trasformate, eventualmente assemblate in stabilimento o in cantiere, trasportate, messe in opera e a sistema. Una volta impiegato, esplica la sua funzione, per un periodo più o meno lungo, fino a quando questa termina, e quindi deve essere dismesso attraverso un adeguato processo di smaltimento.
L’intero ciclo di vita di ogni elemento ha sempre una qualche forma di impatto ambientale, che può riguardare il consumo di materie prime, di energia per produrlo, trasportarlo e utilizzarlo, con emissioni di inquinanti, il consumo di contenitori e imballaggi, lo smaltimento/riciclo finale. A cui bisogna aggiungere gli effetti indiretti per l’impiego richiesto da diversi altri fattori, come attrezzature, macchine e mezzi, che a loro hanno un loro ciclo di vita con relativa impronta ambientale.
Anche se si tratta di un obiettivo molto complesso che però contribuirebbe in maniera determinante al rispetto dell’ambiente che ci circonda e del mondo in cui viviamo, sarebbe opportuno incentivare e promuovere l’uso di soluzioni che tengano conto anche di questi aspetti, e non solo del risparmio energetico. Servirebbero indicazioni normative e linee guida che forniscano un risultato confrontabile con quello di tutte le soluzioni disponibili, che possa agevolare scelte davvero più ecologiche e rispettose dell’ambiente. Va da sé che non è detto che la soluzione più green diventi anche quella di più largo utilizzo (a meno che non ci sia un obbligo), poiché subentrano altri aspetti che influenzano le decisioni progettuali nel campo dell’edilizia, in primis quello economico ma anche quello tecnico, così come i vincoli operativi, tecnologici, normativi, etici e non solo.
La Raccomandazione UE 2021/2279 sull’impronta ambientale di prodotti e organizzazioni
La decarbonizzazione costituisce l’elemento chiave delle politiche nazionali europee, le cui strategie energetiche hanno lo scopo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. A tal proposito, lo scorso 30 dicembre 2021 è stata pubblicata la Raccomandazione (UE) 2021/2279 della Commissione europea, sull’uso dei metodi dell’impronta ambientale per misurare e comunicare le prestazioni ambientali del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni, che consentono alle imprese di misurare e comunicare le proprie prestazioni ambientali e quindi di competere nel mercato in base a informazioni ambientali affidabili. I metodi dell’impronta ambientale di un prodotto e di un’organizzazione contengono istruzioni dettagliate su come modellare e calcolare questi impatti e si fondano su pratiche, indicatori e regole esistenti accettati a livello internazionale.
Pur non avendo valore legislativo vincolante (è solo un indirizzo per le politiche dei singoli Stati membri), il documento definisce due metodi:
- il PEF (Product Environmental Footprint), il metodo generale per misurare e comunicare il potenziale impatto ambientale del ciclo di vita del prodotto;
- l’OEF (Organisation Environmental Footprint), il metodo per misurare e comunicare l’impatto ambientale del ciclo di vita di un’organizzazione.