Speciale 85
Ristrutturazioni e riqualificazione energetica: normative e incentivi
Articolo di Arch. Fabrizio Manzoni

Normative per l'efficienza energetica degli edifici

In seguito alla stipula del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), è stata emanata la Direttiva Europea 2010/31/UE, quella da cui sono derivate tutte le normative successive riguardanti l'efficienza energetica.

All'articolo 2 della direttiva si definiscono gli Edifici a Energia Quasi Zero (Near Zero Energy Building) come “Edifici ad altissima prestazione energetica. Il fabbisogno energetico molto basso dovrà essere coperto in maniera significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa quella prodotta in loco o nelle vicinanze”.

Si tratta di un obiettivo ambizioso, l’obiettivo da perseguire in tema di efficientamento energetico.
Si stabilisce che l’efficienza energetica sia immediatamente identificabile attraverso un indice numerico che valuti il consumo di energia primaria, espressione delle necessità legate al riscaldamento, al raffrescamento ed alla produzione di ACS.

Nel calcolo bisogna considerare le caratteristiche termiche dell'edificio e dei suoi impianti e delle opportunità offerte da:

  1. Condizioni locali di esposizione solare, sistemi solari attivi ed altri impianti di generazione di calore ed elettricità a partire da fonti rinnovabili;
  2. Sistemi di cogenerazione dell’elettricità;
  3. Impianti di teleriscaldamento e telerinfrescamento urbano o collettivo;
  4. Illuminazione naturale.

Si tratta in realtà già di un abaco di soluzioni possibili al problema dell’efficientamento energetico degli edifici. Se si vuole lavorare in questa direzione, dice la norma UE, quelli sono i punti su cui lavorare.

La direttiva è stata aggiornata dalla 2012/27/UE in cui si anticipano i risultati da conseguire specificamente per quanto riguarda gli edifici pubblici, che mantengono quindi il ruolo di guida e di esempio virtuoso, e impone norme sull’economicità delle reti di trasporto dell’energia nonché di verifica e trasparenza dei costi a favore dell’utente finale.


Il recepimento nella normativa italiana con le più recenti integrazioni


La normativa italiana ha recepito quasi da subito gli impegni del Protocollo di Kyoto con il D. Lgs. 192/2005, poi aggiornato ed integrato nel 311/2006. Tuttavia, in Italia, le Regioni sono deputate a legiferare in materia (clausola di salvaguardia), anche perché alcune Regioni si sono date dei valori di efficienza energetica più stringenti rispetto alla normativa nazionale. Ogni Regione ha il compito di recepire le direttive europee con proprie determinazioni, e nel caso in cui una Regione non fosse interessata a farlo, dovrà utilizzare la normativa nazionale.

L’ultima normativa in materia è il Decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 “Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica”, che va a modificare le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (G.U. 18 luglio 2014, n. 165).

In questo decreto si recepisce e stabilisce la riduzione dei consumi energetici di 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio di energia primaria entro il 2020. I metodi per il raggiungimento di tale obiettivo sono sempre l’efficientamento energetico degli edifici esistenti, anche con il mantenimento degli sgravi fiscali, e l’efficienza della rete di trasporto dell’energia, includendo anche sistemi di monitoraggio e di misura, per avere sempre sotto controllo l’andamento dei consumi e dei costi.


La normativa Regionale e Locale


La normativa a livello regionale è demandata alle singole Regioni, che hanno legiferato in maniera differente. In realtà solo 8 regioni hanno una propria normativa, mentre tutte le altre seguono la normativa nazionale ex D.P.R. 192/2005 e s.m.i.

Un’apposita “clausola di salvaguardia” in tale legislazione, consente alle Regioni di svincolarsi quasi completamente dai disposti normativi nazionali.
 
Efficienza Energetica - Normativa regionaleÈ frequente trovare delle agevolazioni volumetriche o in tema di scomputo oneri di urbanizzazione nel caso di opere che rispecchino i migliori requisiti normativi di efficienza energetica.

Anche in questo caso si tratta di un panorama molto variegato, in quanto a livello locale le diverse esigenze hanno dato origine a diverse determinazioni.

Solo fino a un certo punto l’utilizzo del Regolamento Edilizio Regionale per i piccoli comuni che non dispongono di un proprio regolamento ha contribuito a uniformare la situazione, perché le determinazioni sullo scomputo oneri rientrano nella materia che riguarda il bilancio dei Comuni, che è slegata dalla legislazione in tema di efficienza energetica.

In tema di scomputi volumetrici i regolamenti locali possono introdurre norme proprie.

Ad esempio, la Regione Lombardia ha chiarito nella L.R. 26/1995 che “I tamponamenti perimetrali e i muri perimetrali portanti, nonché i tamponamenti orizzontali e i solai delle nuove costruzioni di qualsiasi genere soggette alle norme sul risparmio energetico e, indistintamente, di tutti gli edifici residenziali che comportino spessori complessivi sia per gli elementi strutturali che sovrastrutturali superiori centimetri 30, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi e nei rapporti di copertura, per la sola parte eccedenti i centimetri 30 e fino ad un massimo di ulteriori centimetri 25 per gli elementi verticali e di copertura e di centimetri 15 per quelli orizzontali intermedi, se il maggior spessore contribuisce al miglioramento dei livelli di coibentazione termica, acustica o di inerzia termica”.

In seguito, L.R. n. 39 del 21 dicembre 2004 ha affermato: “Non è considerato nei computi per la determinazione dei volumi, l'aumento di volume prodotto dagli aumenti di spessore di murature esterne per la realizzazione di pareti ventilate”.

È chiaro che una normativa simile incentiva la posa di cappotti ad alto spessore (si noti che la prima stesura è del 1995), almeno sino a quando lo spessore troppo elevato non entra in conflitto con l’occupazione di suolo pubblico nel caso di edifici prospicienti la pubblica via.

Si tratta solo di un esempio, facilmente confrontabile con le regolamentazioni in materia da parte delle altre regioni, ma è tuttavia significativo, ed è palese l’intento dirigistico delle amministrazioni locali.


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