Speciale 173
Tecnologie impiantistiche, aggiornamenti normativi e revisione del regolamento F-gas: tutto quello che c’è da sapere sulla refrigerazione
Intervista a Marco Buoni, CEO del Centro Studi Galileo, Segretario ATF e Former President con mandato agli Affari Internazionali AREA

Il futuro della refrigerazione e climatizzazione in Italia: “ci aspettano anni di cambiamenti e opportunità da cogliere”

Grazie Ing. Buoni per la sua disponibilità. Come sappiamo il settore del freddo è ormai da molti anni al centro di una rivoluzione: ci piacerebbe porle qualche domanda per conoscere la visione e la prospettiva delle realtà che lei rappresenta su questi delicati argomenti.

 

La climatizzazione da un lato, la Refrigerazione per l’industria alimentare dall’altro: quali difficoltà stanno incontrando questi settori? 

Non direi che questi due ambiti stiano affrontando delle difficoltà. Di certo sono messi di fronte ad alcune sfide, ma l’Italia ha dimostrato negli anni passati di essere un paese proattivo e in alcuni casi addirittura pioniere, al punto da poter vivere queste sfide come opportunità da cogliere.

Da 10 anni refrigerazione e climatizzazione sono diventati centrali non solo nella vita degli operatori e attori del settore ma di tutta la popolazione, e non solo per gli innegabili benefici per la società.

In seguito all’entrata in vigore del Regolamento F-gas, è stato imposto il controllo continuo degli impianti che contengono gas refrigeranti e la certificazione del personale che è addetto all’installazione e alla manutenzione di questi apparecchi.

Oggi, a 12 anni dall’introduzione di questo obbligo, in Italia contiamo oltre 80.000 tecnici certificati che sono prossimi all’obbligo di rinnovo della propria certificazione e a cui la normativa e la legislazione europea e dunque nazionale sta per chiedere un ulteriormente aggiornamento.

 

Come sono cambiate le richieste ai tecnici abilitati in questi anni di incertezza provocati dalla pandemia?

Il settore della refrigerazione ha reagito bene all’incertezza di questi anni, adattandosi a una richiesta “di freddo” che si è impennata e si è evoluta repentinamente.

Da un lato è aumentata la richiesta di sistemi complessi per la ventilazione meccanica, spesso con pompa di calore, in edifici sensibili come scuole e RSA, dall’altro è aumentata la richiesta di mantenimento della catena del freddo. Non solo decine di migliaia di persone hanno avuto la necessità di ricevere la spesa a casa da parte di una nuova categoria di “corrieri” con trasporto refrigerato perché costrette in quarantena, ma il settore medico ha anche richiesto con urgenza mai sperimentata gli strumenti e i tecnici per il mantenimento della catena del freddo per i vaccini Covid, alcuni dei quali richiedono temperature ultra-basse.

Si è trattato certamente di cambiamenti veloci e richieste urgenti, che però hanno permesso uno sviluppo intenso e importante del settore, che ha saputo approfittarne e coglierli come opportunità. 

 

Come e quanto ha inciso l’introduzione del Regolamento f-gas nel mondo della refrigerazione? 

Un po’ com’è accaduto con la pandemia, anche l’introduzione del Regolamento F-gas è stata vissuta come una sfida e un’opportunità da aziende produttrici e tecnici.

L’obbligo di abbandonare progressivamente alcuni fluidi altamente inquinanti, perché climalteranti ad effetto serra, e le limitazioni alle importazioni con il phase down hanno certamente causato un aumento dei prezzi dei gas, ma ci sono stati anche dei risvolti positivi da considerare.

L’Italia, insieme a Estonia e Polonia, ha aperto la strada all’Europa introducendo il controllo delle sostanze tramite la Banca Dati F-Gas, nella quale è necessario registrare tutti gli impianti installati e le operazioni svolte sugli apparecchi refrigeranti, operazioni che possono essere effettuate solo dai tecnici e aziende certificati.

Questo ha permesso di ridurre all’osso, se non addirittura eliminare, il lavoro nero in questo settore, garantendo sicurezza e qualità ai clienti, ma anche correttezza tra competitor. Molte nazioni europee potrebbero a breve introdurre sistemi analoghi.

 

Alla luce della risposta del settore italiano alle precedenti riforme, quali immagina saranno gli effetti delle recenti proposte di revisione per i professionisti che lavorano con i refrigeranti?

Proprio perché gli operatori del settore hanno saputo adattarsi con successo alla precedente revisione, sono certo che questa nuova proposta potrà essere un’ulteriore opportunità.

La normativa, sappiamo già, renderà obbligatorio in alcuni casi l’uso dei refrigeranti naturali (idrocarburi, CO2 o ammoniaca), consentendo in altri casi l’utilizzo di HFO a bassa infiammabilità e con GWP (Global Warming Potential) <150.
Sono fluidi efficienti e sicuramente più rispettosi dell’ambiente, che però sono più delicati da trattare in quanto più tossici e infiammabili. Questo rende imperativo per i tecnici ricevere la giusta preparazione e formazione, così da essere pronti a poterli maneggiare con sicurezza.

Per le aziende costruttrici questa novità è una sfida a cui si erano da tempo già preparate, un’opportunità di business e di crescita, con l’obiettivo di adattare le proprie macchine all’utilizzo di questi fluidi a basso GWP.

Per i tecnici, non pronti ad accogliere da subito il cambiamento, potrebbe essere vista con timore. Sbagliando.

 

Ci può spiegare meglio cosa intende?

Siamo in un contesto geopolitico in rivoluzione. Da un lato si richiede una riduzione del consumo di fonti fossili per motivi ambientali, dall’altro stiamo vivendo una guerra a causa della quale ci prepariamo a ridurre al minimo l’utilizzo di gas.

Questo dà una spinta fondamentale all’elettrificazione di tutti i processi, compresi quelli per la climatizzazione e la refrigerazione. Ecco che in questo contesto il ruolo del frigorista diventa centrale come mai prima.

Gli obiettivi sono chiari, si parla di affidarsi alle fonti rinnovabili per il 45% del fabbisogno entro il 2030, valutando concretamente la proposta di eliminazione delle caldaie entro il 2029. Questo prevede l’installazione di circa 50 milioni di pompe di calore, apparecchi di competenza dei frigoristi, che quindi gioverebbero di una spinta notevole alla propria attività.

Può capire che tutte le normative europee attuali, da Repower EU alla direttiva sull’Efficienza Europea, ma anche la Direttiva Ecodesign e quella sulle rinnovabili FER, si muovono lungo la stessa direttrice, finalizzata al miglioramento dell’economia, dell’efficienza e della sostenibilità, una direttrice che richiede sempre più l’intervento dei tecnici frigoristi certificati.

 

Cosa dovranno fare i tecnici che si occupano di impianti di refrigerazione per rimanere aggiornati professionalmente ed essere pronti al cambiamento?     

Ciò che più dovrà cambiare per i tecnici sarà l’attenzione alla sicurezza, perché i gas naturali e HFO portano con sé più rischi.

Al frigorista sarà richiesto di effettuare l’analisi dei rischi dell’impianto e di controllare in modo preciso e puntuale le macchine, che dovranno essere sempre performanti. Dovranno imparare ad utilizzare nuovi strumenti, pompe del vuoto, bombole differenti e sonde nuove, e dovranno abbandonare vecchie prassi, come quella di mescolare i gas.

Sarà un passaggio epocale ed è il momento che aziende e tecnici si preparino al meglio, dopotutto farsi trovare pronti significherà saper cogliere le grandissime opportunità di business che si creeranno da qui ai prossimi 10 anni.

 

Avete notizia di strumenti di incentivazione per la formazione dei tecnici del freddo italiani?

Al momento purtroppo ancora non si hanno notizie di questo genere di sovvenzioni, anche se riteniamo sarebbero molto utili al settore. Esistono solo i fondi interprofessionali, già esistenti da molti anni, ma ci auguriamo che con l’entrata in vigore della nuova normativa i legislatori tengano conto delle esigenze del settore del freddo.