Focus Efficienza Energetica

20.04.2018
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Obiettivi europei di efficienza troppo bassi: le valutazioni sbagliate della CE

Interventi di efficientamento troppo poco vantaggiosi e obiettivi europei di efficienza limitanti per via di un rapporto costi-benefici sproporzionato
L’Unione Europea ha stabilito un tasso d’interesse troppo alto per individuare gli obiettivi europei di efficienza da raggiungere nel medio e lungo periodo, limitando così gli impegni nazionali e le potenzialità del mercato europeo, lo racconta al meglio un documento dell’ECEEE.
 
L’obiettivo UE di riduzione delle emissioni del 30% entro il 2030 è troppo basso, se ne sono accorti i rappresentanti degli Stati Membri ed anche le stesse istituzioni europee; è questo uno dei motivi che sta spingendo i legislatori a modificare in corsa direttive come quella sull’efficienza energetica degli edifici così da innalzare gli obiettivi fino ai livelli più adeguati alle esigenze di sostenibilità globali.
 
L’Associazione no-profit European Council for an Energy Efficient Economy (ECEEE) ha studiato il motivo per cui sono stati scelti degli obiettivi target così ridotti rispetto alle potenzialità dell’Unione Europee ed è arrivata alla conclusione che il problema è stato causato dalla scelta di un tasso d’interesse sproporzionato.
 
Il tasso d’interesse per il calcolo del rapporto tra costi e benefici derivanti dagli interventi di efficienza energetica scelto dalla Commissione Europea nel 2015 è stato fissato ad un livello esageratamente elevato: 17,5%.
 
Per avere una visione più ampia sul significato di questo indicatore è sufficiente confrontarlo con quello adottato in modo autonomo a livello nazionale che nel 2015 era al 5.7%, tre volte più basso di quello adottato da Bruxelles.
 
Ma come influisce il tasso d’interesse sull’efficienza europea? La risposta è semplice: all’aumentare del tasso d’interessa si verifica un aumento dei costi di intervento, con un conseguente calo dell’attrattività delle operazioni di efficientamento. L’Unione Europea stabilendo un tasso del 17.5% ha perciò limitato in modo molto consistente le vere potenzialità delle politiche per la sostenibilità e del mercato interessato.
 
Nel 2016, solo un anno dopo l’adozione del tasso d’interesse del 17.5%, a seguito della pubblicazione di più recenti analisi da parte della Commissione Europea (e per via di numerose critiche provenienti dal settore della ricerca) il tasso d’interesse è stato abbassato al 10%.
 
Già 2 anni alcuni sostenevano la possibilità di ottenere ulteriori vantaggi abbassando il tasso d’interesse al tasso medio nazionale del 5,7% ed alzando l’obiettivo almeno al 35%, se non addirittura al 40%, questa possibilità tuttavia era sostenuta soprattutto da analisti e dalla ricerca e da alcuni degli Stati Membri.
 
L’adozione di questo tasso sproporzionato è stata quindi la causa di una progressione troppo lenta dell’efficienza europea rispetto alle potenzialità del mercato; ora, a distanza di alcuni anni, stanno risultando sempre più evidenti queste incongruenze e le istituzioni stanno valutando di ristabilire i target utilizzando dei parametri più corretti.
 
Lo dimostra la recentissima approvazione della revisione della direttiva 2010/31/Ue sulla prestazione energetica nell’edilizia che definisce nuovi e ambiziosi obiettivi tra cui in particolare la necessità di ridurre le emissioni degli edifici pubblici e privati dell’80-85% rispetto ai dati del 1990, per arrivare a un consumo energetico “quasi zero” entro il 2050; e le discussioni in merito ai nuovi target di efficienza energetica che andranno stabiliti con la futura revisione della direttiva 2012/27/UE, generalmente conosciuta come direttiva EED che in Italia ha portato all’imposizione degli obblighi di contabilizzazione di calore.
 
Qui di seguito è possibile scaricare il testo dell’ECEEE sull’incidenza del tesso d’interesse sugli obiettivi europei di efficienza energetica.

Documentazione disponibile

Documento ECEEE
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