Speciale 72
Le ultime innovazioni tecnologiche e normative per le pompe di calore
Alcuni contenuti di questo speciale:
Intervista
Innovazioni tecnologiche, incentivi ed etichetta unica: il futuro delle pompe di calore
Assoclima (ex Co.Aer) è l’associazione dei produttori di apparecchiature per la climatizzazione a ciclo annuale, parte della federazione ANIMA Confindustria. Per questo Speciale ospitiamo Giampiero Colli, attuale segretario di Assoclima, che collabora da anni con le principali associazioni di produttori HVAC in seno ad ANIMA. Grazie all’esperienza ventennale proprio in questo settore Colli ci offre un punto di
vista davvero interessante sul futuro delle pompe di calore.
In questo periodo si parla molto di pompe di calore, potremmo dire che sono di moda - mi passi il termine - ma la quota di penetrazione nel mercato è ancora molto bassa. Secondo lei quali sono le motivazioni che ancora frenano installatori, progettisti e utenti?
«Assoclima sta facendo una forte azione di comunicazione sulle pompe di calore, da luglio è online un nuovo sito www.assoclima.it, che ha come obiettivo far conoscere all’utente finale i molteplici benefici di questi sistemi, i vantaggi economici ed energetici. In altre parole far passare un messaggio: che la pompa di calore non è solo il condizionatore estivo. Questa operazione di comunicazione secondo noi sta producendo effetti benefici, per cui riteniamo che l’utente e la filiera, come installatori e progettisti, abbiano assimilato i vantaggi di questi sistemi, il loro funzionamento, i risparmi economici, le ridotte emissioni inquinanti. Però non si vedono ancora i risultati in termini di penetrazione e dati statistici…».
Quindi secondo lei è solo una questione di tempo?
«Sicuramente, come tutte le innovazioni, deve affrontare un problema culturale, far calare questi concetti nuovi nelle abitudini dei progettisti e degli installatori; inoltre, bisogna aggiungere l’effetto più negativo, ovvero la situazione di crisi economica, tale per cui l’utente tende a rinviare gli investimenti e in ogni caso vuole spendere il meno possibile. Le PDC sono in grado di garantire minori spese di gestione, ma l’investimento iniziale è più sostanzioso rispetto ad altri sistemi».
Parliamo della nuova tariffa D1, vorrei chiederle quali vantaggi porterà secondo lei nel lungo periodo. Ancora non è stata molto richiesta…
«E’ entrata in vigore il primo luglio. La aspettavamo da tanto tempo perché è un’ulteriore opportunità per l’utente e garantisce una riduzione dei costi di esercizio del 30% sul costo del kW elettrico. La comunicazione è arrivata, le condizioni e le opportunità ci sono, per gli investimenti bisogna solo sperare di uscire da questa crisi, che ovviamente non riguarda solo le PDC…».
Ci sono delle tecnologie in fase di sviluppo che potrebbero rendere le PDC competitive con le caldaie, anche nelle condizioni per cui oggi non lo sono? Mi riferisco alle basse temperature esterne, in particolare al nord, o alla configurazione classica degli impianti domestici diffusi oggi, con i tradizionali radiatori. Cosa serve per rendere questa tecnologia conveniente, anche per l’applicazione-tipo più diffusa nel nostro paese?
«Non è corretto confrontare la semplice caldaia con la PDC. Le pompe di calore, in questi anni, hanno ottenuto grossi sviluppi tecnologici: l’utente ha un valore aggiunto utilizzandole. Oggi infatti si propongono come sistemi a ciclo annuale, in grado di coprire esigenze di climatizzazione invernale/estiva e di produzione di acqua calda sanitaria con un unico impianto, delocalizzando le emissioni di CO2».
D’accordo. Ma per quanto riguarda la climatizzazione invernale e la produzione di ACS?
«Per la fase di riscaldamento, l’evoluzione tecnologica è stata tale per cui gli attuali sistemi possono lavorare ottimamente in bassa temperatura, quindi sono più efficienti abbinati a pannelli radianti come sistema di distribuzione del calore. In questo caso le PDC possono offrire alta efficienza anche rispetto alle caldaie a condensazione, inoltre sono in grado di dialogare con gli altri sistemi dell’edificio, in un concetto più ampio di Smart Building. Vorrei aggiungere anche che oggi il settore energetico ed elettrico è anch’esso in evoluzione, l’elettrico è in buona parte prodotto con le energie rinnovabili, per cui i fattori di conversione dell’energia primaria stanno scendendo: i consumi di energia primaria sono più economici rispetto ai sistemi di combustione e lo saranno sempre di più in futuro».
Dal punto di vista tecnico, secondo lei, dove c’è il margine di miglioramento maggiore? Nel compressore, nell’inverter? Cosa ci si aspetta nei prossimi anni come evoluzione tecnologica del prodotto?
«L’evoluzione tecnologica è continua, non abbiamo ancora raggiunto il massimo, ma se confrontiamo le PDC di oggi con quelle di 5 anni fa, sono due prodotti completamente diversi. C’è stata una grande ricerca e sviluppo, sia per i refrigeranti, che sono in grado di dare maggiori risultati, sia per l’elettronica, in particolare nei compressori con inverter e nei sistemi di regolazione e controllo, che consentono di gestire condizioni di comfort in modo corretto. Direi che questi due campi in particolare saranno anche la sfida per i prossimi anni».
Non crede che sia una mancanza grave, in un mercato dove i player in concorrenza tra loro sono molti, non avere un organismo esterno che certifichi in modo univoco e indiscutibile i rendimenti delle pompe di calore?
«Per le PDC, in questo momento, non ci sono obblighi da parte dei costruttori di certificazione del COP, ma questo problema sarà a breve risolto con la certificazione dell’IRP, una sigla che pochi conoscono. Sulla base di questi regolamenti, i costruttori dovranno dichiarare il COP/rendimento medio stagionale già dal prossimo anno, per cui le PDC dovranno essere certificate con un sistema a etichettatura, oggi già in vigore per i condizionatori fino a 12 KW. Questa regolamentazione verrà estesa a tutte le PDC, anche per il riscaldamento, per confrontarle anche con le caldaie. Non solo una dichiarazione dunque, ma anche un’etichettatura precisa, che definisce la classe di efficienza e il valore di rendimento stagionale COP. Non ci sarà (perché non richiesta) una certificazione da parte terza, anche se bisogna dire che attualmente buona parte dei costruttori si sottopongono a certificazione volontaria presso Eurovent, un organismo europeo che garantisce i valori di efficienza certificati dal produttore. Con questi nuovi regolamenti, si sanerà la lacuna legislativa, tutti i prodotti saranno sottoposti a dichiarazione di conformità, che impegna il costruttore con un’etichetta, una garanzia per l’utente finale che il valore della prestazione corrisponde al vero, pena sanzioni molto forti in caso di anomalia nella dichiarazione. Si tratta, in poche parole, della famosa etichettatura normalmente apposta su frigoriferi e altri apparecchi elettronici».
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vista davvero interessante sul futuro delle pompe di calore.
In questo periodo si parla molto di pompe di calore, potremmo dire che sono di moda - mi passi il termine - ma la quota di penetrazione nel mercato è ancora molto bassa. Secondo lei quali sono le motivazioni che ancora frenano installatori, progettisti e utenti?
«Assoclima sta facendo una forte azione di comunicazione sulle pompe di calore, da luglio è online un nuovo sito www.assoclima.it, che ha come obiettivo far conoscere all’utente finale i molteplici benefici di questi sistemi, i vantaggi economici ed energetici. In altre parole far passare un messaggio: che la pompa di calore non è solo il condizionatore estivo. Questa operazione di comunicazione secondo noi sta producendo effetti benefici, per cui riteniamo che l’utente e la filiera, come installatori e progettisti, abbiano assimilato i vantaggi di questi sistemi, il loro funzionamento, i risparmi economici, le ridotte emissioni inquinanti. Però non si vedono ancora i risultati in termini di penetrazione e dati statistici…».
Quindi secondo lei è solo una questione di tempo?
«Sicuramente, come tutte le innovazioni, deve affrontare un problema culturale, far calare questi concetti nuovi nelle abitudini dei progettisti e degli installatori; inoltre, bisogna aggiungere l’effetto più negativo, ovvero la situazione di crisi economica, tale per cui l’utente tende a rinviare gli investimenti e in ogni caso vuole spendere il meno possibile. Le PDC sono in grado di garantire minori spese di gestione, ma l’investimento iniziale è più sostanzioso rispetto ad altri sistemi».
Parliamo della nuova tariffa D1, vorrei chiederle quali vantaggi porterà secondo lei nel lungo periodo. Ancora non è stata molto richiesta…
«E’ entrata in vigore il primo luglio. La aspettavamo da tanto tempo perché è un’ulteriore opportunità per l’utente e garantisce una riduzione dei costi di esercizio del 30% sul costo del kW elettrico. La comunicazione è arrivata, le condizioni e le opportunità ci sono, per gli investimenti bisogna solo sperare di uscire da questa crisi, che ovviamente non riguarda solo le PDC…».
Ci sono delle tecnologie in fase di sviluppo che potrebbero rendere le PDC competitive con le caldaie, anche nelle condizioni per cui oggi non lo sono? Mi riferisco alle basse temperature esterne, in particolare al nord, o alla configurazione classica degli impianti domestici diffusi oggi, con i tradizionali radiatori. Cosa serve per rendere questa tecnologia conveniente, anche per l’applicazione-tipo più diffusa nel nostro paese?
«Non è corretto confrontare la semplice caldaia con la PDC. Le pompe di calore, in questi anni, hanno ottenuto grossi sviluppi tecnologici: l’utente ha un valore aggiunto utilizzandole. Oggi infatti si propongono come sistemi a ciclo annuale, in grado di coprire esigenze di climatizzazione invernale/estiva e di produzione di acqua calda sanitaria con un unico impianto, delocalizzando le emissioni di CO2».
D’accordo. Ma per quanto riguarda la climatizzazione invernale e la produzione di ACS?
«Per la fase di riscaldamento, l’evoluzione tecnologica è stata tale per cui gli attuali sistemi possono lavorare ottimamente in bassa temperatura, quindi sono più efficienti abbinati a pannelli radianti come sistema di distribuzione del calore. In questo caso le PDC possono offrire alta efficienza anche rispetto alle caldaie a condensazione, inoltre sono in grado di dialogare con gli altri sistemi dell’edificio, in un concetto più ampio di Smart Building. Vorrei aggiungere anche che oggi il settore energetico ed elettrico è anch’esso in evoluzione, l’elettrico è in buona parte prodotto con le energie rinnovabili, per cui i fattori di conversione dell’energia primaria stanno scendendo: i consumi di energia primaria sono più economici rispetto ai sistemi di combustione e lo saranno sempre di più in futuro».
Dal punto di vista tecnico, secondo lei, dove c’è il margine di miglioramento maggiore? Nel compressore, nell’inverter? Cosa ci si aspetta nei prossimi anni come evoluzione tecnologica del prodotto?
«L’evoluzione tecnologica è continua, non abbiamo ancora raggiunto il massimo, ma se confrontiamo le PDC di oggi con quelle di 5 anni fa, sono due prodotti completamente diversi. C’è stata una grande ricerca e sviluppo, sia per i refrigeranti, che sono in grado di dare maggiori risultati, sia per l’elettronica, in particolare nei compressori con inverter e nei sistemi di regolazione e controllo, che consentono di gestire condizioni di comfort in modo corretto. Direi che questi due campi in particolare saranno anche la sfida per i prossimi anni».
Non crede che sia una mancanza grave, in un mercato dove i player in concorrenza tra loro sono molti, non avere un organismo esterno che certifichi in modo univoco e indiscutibile i rendimenti delle pompe di calore?
«Per le PDC, in questo momento, non ci sono obblighi da parte dei costruttori di certificazione del COP, ma questo problema sarà a breve risolto con la certificazione dell’IRP, una sigla che pochi conoscono. Sulla base di questi regolamenti, i costruttori dovranno dichiarare il COP/rendimento medio stagionale già dal prossimo anno, per cui le PDC dovranno essere certificate con un sistema a etichettatura, oggi già in vigore per i condizionatori fino a 12 KW. Questa regolamentazione verrà estesa a tutte le PDC, anche per il riscaldamento, per confrontarle anche con le caldaie. Non solo una dichiarazione dunque, ma anche un’etichettatura precisa, che definisce la classe di efficienza e il valore di rendimento stagionale COP. Non ci sarà (perché non richiesta) una certificazione da parte terza, anche se bisogna dire che attualmente buona parte dei costruttori si sottopongono a certificazione volontaria presso Eurovent, un organismo europeo che garantisce i valori di efficienza certificati dal produttore. Con questi nuovi regolamenti, si sanerà la lacuna legislativa, tutti i prodotti saranno sottoposti a dichiarazione di conformità, che impegna il costruttore con un’etichetta, una garanzia per l’utente finale che il valore della prestazione corrisponde al vero, pena sanzioni molto forti in caso di anomalia nella dichiarazione. Si tratta, in poche parole, della famosa etichettatura normalmente apposta su frigoriferi e altri apparecchi elettronici».
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In questo Speciale

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