Focus Dal mondo

26.07.2022

Greenpeace lancia l’allarme: in Cina aumenta di 8,63 GW la produzione di energia derivante dalle centrali a carbone 

Il Governo cinese sta approvando sempre più centrali elettriche a carbone per garantire la sicurezza energetica del Paese, allontanandosi dagli accordi presi alla COP26

La Cina sembra allontanarsi dagli impegni presi alla COP26 tenutasi a Glasgow nel 2021, dichiarando di voler aumentare il numero di centrali a carbone e incrementando di 8,63 GW la produzione di energia elettrica nei primi mesi del 2022. 

Dai precedenti accordi internazionali firmati nell’Aprile 2021 con il governo cinese, il Presidente Xi Jinping aveva affermato di voler tenere sotto controllo l’espansione del carbone utilizzato sia nelle centrali elettriche che nelle imprese a conduzione statale (SOE), per poter ridurre gradualmente la presenza di combustibili fossili e investire maggiormente in alternative green. 

Secondo le stime degli attivisti di Greenpeace, invece, a seguito delle numerose interruzioni di corrente che si sono susseguite nella Repubblica Popolare Cinese nell’autunno del 2021, il governo avrebbe rinnovato il proprio interesse verso i combustibili fossili.  

Di conseguenza, il Premier cinese Li Keqiang avrebbe elargito sempre più approvazioni per l’utilizzo di carbone al fine di garantire la sicurezza energetica del Paese, incentivando la produzione di ulteriori 10,62 GW nelle centrali elettriche a carbone non CHP, ovvero centrali con impianti non basati sulla cogenerazione e quindi più dispendiosi a livello energetico e con una resa decisamente inferiore. 

"Creare una maggiore capacità di energia elettrica alimentata a carbone non fornirà sicurezza energetica per la Cina. Questa è una menzogna radicata. Fa parte di una mentalità tradizionale sul settore energetico che è tornata rapidamente alla ribalta. La sovraproduzione di energia da questa fonte è un ostacolo importante per la sicurezza energetica, così come per la transizione energetica della Cina. Le inadeguatezze di potenza della Cina non derivano da una bassa capacità di generazione, le carenze di energia derivano dalla scarsa integrazione di generazione, rete, carico e stoccaggio", ha affermato Wu Jinghan, l'attivista di Greenpeace East Asia a Pechino. 

Tra le dodici centrali a carbone presenti in Cina, sette sono state ufficialmente approvate da Li Keqiang tra la fine del 2021 e il primo trimestre del 2022 per integrare le carenze nella produzione locale di energia elettrica, mascherando l’uso di combustibile fossile dietro a parole chiave come “sicurezza energetica”, piuttosto che affidarsi all’approvvigionamento di energie sostenibili. 

Anche se ad oggi il carbone è considerato una delle fonti energetiche più inquinanti, su di esso si basa oltre il 60% del rifornimento di energia elettrica cinese. 

Greenpeace ha constatato che, nonostante le decisioni prese a Glasgow dalla Cina nel 2021 includessero il raggiungimento del picco di emissioni entro il 2030 per poi diminuirle drasticamente, il piano per raggiungere la transizione energetica sembra aver rallentato notevolmente la sua corsa. 

Secondo le considerazioni degli attivisti, la Cina raggiungerà la produzione di 3.000 GW di energia elettrica entro il 2025 tramite l’utilizzo di combustibili inquinanti come il carbone, violando in questo modo gli impegni presi con la Comunità Internazionale per ridurre il consumo di energie fossili.