Speciale 40
Il raffrescamento radiante: </br>vantaggi, svantaggi e tecnologie
Alcuni contenuti di questo speciale:
Intervista
Decondizioniamoci con il radiante: passato e futuro di una tecnologia, raccontati dal suo inventore
La storia del raffrescamento radiante è indissolubilmente legata al nome e all’inventiva di Roberto Messana che, all’inizio degli anni ’90, testò per primo il raffrescamento con pannelli radianti a pavimento all’interno della sua abitazione, dando il via ad un futuro sempre più vicino, fatto di confort e soprattutto di risparmio energetico. Qualche anno dopo, il suo libro “Capire il Confort”, pubblicato da Tecniche Nuove nel 2004, ha posto le basi scientifiche per la valorizzazione e l’evoluzione del confort termico ottenuto tramite impianti radianti.
Oggi la sua azienda, la Messana air|ray conditioning è una realtà che, seguendo lo slogan “decondizioniamoci”, ideato dal fondatore, ha all’attivo più di 10.000 impianti, realizzati in tutto il mondo.
Dott. Messana, lei è stato l’inventore del raffrescamento radiante, ci vuole raccontare come è nata questa tecnologia?
«All’epoca ero un libero professionista e stavo già utilizzando il radiante a pavimento per il riscaldamento, sottoponendo gli impianti a verifiche tecniche e scientifiche approfondite, mi è venuto spontaneo domandarmi: “perchè non possiamo utilizzare questi pannelli anche per il raffrescamento?”. Ovviamente i problemi iniziali sono stati quelli che tutti possono immaginare: la formazione della condensa soprattutto, ma anche il fatto che il pavimento, essendo in basso, è meno performante nel raffrescamento, rispetto al riscaldamento. Dopo una prima fase di ricerca e di studio, soprattutto per quanto riguarda i componenti elettronici, ho avuto modo di fare il primo test nella mia abitazione, era il 1991. Ho ottenuto risultati incoraggianti e da allora ho avuto modo di seguire un migliaio di progetti simili, finchè mi sono reso conto dei limiti oggettivi di quella tecnologia: a quel punto ho smesso di guardare verso il basso e ho cominciato a guardare verso l’alto, verso il soffitto. Ma questa è un’altra storia, un pò più recente...».
In questi vent’anni però la parte del riscaldamento si è affermata e consolidata, mentre l’estensione per il raffrescamento è tutt’ora meno usata e conosciuta. Quali sono, secondo lei, i motivi di questa diversa penetrazione nel mercato?
«La tecnologia è relativamente giovane e necessita di tempo per raggiungere il livello industriale che gli impianti “tradizionali” avevano già raggiunto negli anni ’90. Fare freddo per irraggiamento è più complesso rispetto al riscaldamento e quindi dovevano essere superate una serie di problematiche a livello scientifico, tecnologico e industriale. Un processo di maturazione e sedimentazione che necessita di tempi lunghi. Secondo me a questo punto il processo è avviato, credo quindi di poter affermare che assisteremo ad una crescita costante».
Quali saranno le migliorie tecnologiche che vedremo nei prossimi anni?
«I sistemi odierni sono già molto avanzati, quello che manca forse è un po’ di cultura scientifica e degli strumenti di calcolo adeguati, che consentano cioè ai progettisti di operare correttamente e con maggiore semplicità. Il metodo di calcolo tradizionale per l’aria condizionata, infatti, non si adatta agli impianti di raffrescamento radiante.
«All’epoca ero un libero professionista e stavo già utilizzando il radiante a pavimento per il riscaldamento, sottoponendo gli impianti a verifiche tecniche e scientifiche approfondite, mi è venuto spontaneo domandarmi: “perchè non possiamo utilizzare questi pannelli anche per il raffrescamento?”. Ovviamente i problemi iniziali sono stati quelli che tutti possono immaginare: la formazione della condensa soprattutto, ma anche il fatto che il pavimento, essendo in basso, è meno performante nel raffrescamento, rispetto al riscaldamento. Dopo una prima fase di ricerca e di studio, soprattutto per quanto riguarda i componenti elettronici, ho avuto modo di fare il primo test nella mia abitazione, era il 1991. Ho ottenuto risultati incoraggianti e da allora ho avuto modo di seguire un migliaio di progetti simili, finchè mi sono reso conto dei limiti oggettivi di quella tecnologia: a quel punto ho smesso di guardare verso il basso e ho cominciato a guardare verso l’alto, verso il soffitto. Ma questa è un’altra storia, un pò più recente...».
In questi vent’anni però la parte del riscaldamento si è affermata e consolidata, mentre l’estensione per il raffrescamento è tutt’ora meno usata e conosciuta. Quali sono, secondo lei, i motivi di questa diversa penetrazione nel mercato?
«La tecnologia è relativamente giovane e necessita di tempo per raggiungere il livello industriale che gli impianti “tradizionali” avevano già raggiunto negli anni ’90. Fare freddo per irraggiamento è più complesso rispetto al riscaldamento e quindi dovevano essere superate una serie di problematiche a livello scientifico, tecnologico e industriale. Un processo di maturazione e sedimentazione che necessita di tempi lunghi. Secondo me a questo punto il processo è avviato, credo quindi di poter affermare che assisteremo ad una crescita costante».
Quali saranno le migliorie tecnologiche che vedremo nei prossimi anni?
«I sistemi odierni sono già molto avanzati, quello che manca forse è un po’ di cultura scientifica e degli strumenti di calcolo adeguati, che consentano cioè ai progettisti di operare correttamente e con maggiore semplicità. Il metodo di calcolo tradizionale per l’aria condizionata, infatti, non si adatta agli impianti di raffrescamento radiante.
Oltre a questo, credo ci sia bisogno di perfezionare alcuni aspetti peculiari dei sistemi e di ampliare la gamma di soluzioni disponibili sul mercato, per poter adattare i prodotti a diversi contesti architettonici».
Negli impianti radianti i deumidificatori isotermici sono un componente praticamente obbligatorio per una corretta gestione dell’umidità nella fase estiva, qual’è la sua opinione?
«Colgo l’occasione per chiarire che il deumidificatore, in realtà, non serve ad evitare la condensa, ma piuttosto a garantire il livello di comfort ottimale. La condensa si evita con la regolazione, che provvede a modulare secondo logiche specifiche la temperatura dei pannelli, al fine di scongiurarne in ogni caso la formazione. Ovviamente i deumidificatori, riducendo la temperatura di rugiada, aiutano i pannelli radianti a lavorare meglio. Ciononostante, gestire la condensa con il deumidificatore non è la strada migliore: dovrebbe essere inteso piuttosto come un elemento indispensabile per garantire il comfort termico».
L’elettronica in questi sistemi è molto importante, quali soluzioni state studiando per rendere l’utilizzo di queste centraline più User Friendly?
«Quella dei controlli è una delle sfide tecnologiche più importanti. Secondo me può essere vinta sviluppando prodotti che racchiudano tre concetti fondamentali: semplicità, funzionalità ed estetica. Ci sono anche altri aspetti molto importanti, come garantire la gestione remota dell’impianto, utilizzando protocolli universali e standardizzati. La cosa importante è che tutte queste soluzioni che stiamo studiando avranno nella massima affidabilità e semplicità d’uso il loro tratto comune».
Negli impianti a pavimento avete trovato difficoltà di collaborazione con i produttori di massetti e negli impianti radianti a soffitto, i produttori di pannelli in cartongesso si sono rilevati disponibili alla prova di nuove soluzioni?
«Premetto che radiante, per noi, vuol dire soffitto. Come accennavo prima, abbiamo abbandonato la modalità a pavimento verso la fine degli anni ’90, individuando nel soffitto (e in qualche caso nelle pareti) la superficie ideale per la climatizzazione radiante con tecnologia a secco. Questo passaggio implica necessariamente la transizione verso un processo industriale a monte del cantiere, con standard e modalità internazionali che vengono sempre più apprezzati anche dai costruttori.
Negli impianti radianti i deumidificatori isotermici sono un componente praticamente obbligatorio per una corretta gestione dell’umidità nella fase estiva, qual’è la sua opinione?
«Colgo l’occasione per chiarire che il deumidificatore, in realtà, non serve ad evitare la condensa, ma piuttosto a garantire il livello di comfort ottimale. La condensa si evita con la regolazione, che provvede a modulare secondo logiche specifiche la temperatura dei pannelli, al fine di scongiurarne in ogni caso la formazione. Ovviamente i deumidificatori, riducendo la temperatura di rugiada, aiutano i pannelli radianti a lavorare meglio. Ciononostante, gestire la condensa con il deumidificatore non è la strada migliore: dovrebbe essere inteso piuttosto come un elemento indispensabile per garantire il comfort termico».
L’elettronica in questi sistemi è molto importante, quali soluzioni state studiando per rendere l’utilizzo di queste centraline più User Friendly?
«Quella dei controlli è una delle sfide tecnologiche più importanti. Secondo me può essere vinta sviluppando prodotti che racchiudano tre concetti fondamentali: semplicità, funzionalità ed estetica. Ci sono anche altri aspetti molto importanti, come garantire la gestione remota dell’impianto, utilizzando protocolli universali e standardizzati. La cosa importante è che tutte queste soluzioni che stiamo studiando avranno nella massima affidabilità e semplicità d’uso il loro tratto comune».
Negli impianti a pavimento avete trovato difficoltà di collaborazione con i produttori di massetti e negli impianti radianti a soffitto, i produttori di pannelli in cartongesso si sono rilevati disponibili alla prova di nuove soluzioni?
«Premetto che radiante, per noi, vuol dire soffitto. Come accennavo prima, abbiamo abbandonato la modalità a pavimento verso la fine degli anni ’90, individuando nel soffitto (e in qualche caso nelle pareti) la superficie ideale per la climatizzazione radiante con tecnologia a secco. Questo passaggio implica necessariamente la transizione verso un processo industriale a monte del cantiere, con standard e modalità internazionali che vengono sempre più apprezzati anche dai costruttori.
Quindi, ad oggi, qualsiasi intervento sui massetti e sui pavimenti può essere abbandonato, ottenendo una razionalizzazione del processo costruttivo e quindi un notevole risparmio economico e di tempo: i costruttori più evoluti se ne stanno già accorgendo e sono convinto che la strada per il futuro sarà senza dubbio questa. Per quanto riguarda i produttori di cartongesso è indubbio che la collaborazione con loro è stata molto utile per l’industrializzazione del prodotto, il pannello radiante».
Immagino sia anche la soluzione che meglio si adatta alle ristrutturazioni...
«Si, infatti questo è uno degli aspetti più interessanti: se pensiamo all’Italia, dove il futuro dell’edilizia sarà sempre più orientato alla riqualificazione del patrimonio esistente, l’intervento a secco sui soffitti si presenta come la soluzione migliore. Questo perchè si tratta di un intervento per nulla invasivo sulle strutture, che permette di effettuare i lavori anche all’interno di edifici abitati, cosa impensabile con gli impianti a pavimento».
Quale evoluzione immaginate nei prossimi anni per queste tecnologie?
«Il futuro sarà molto interessante per noi. Sotto la definizione di “decondizionamoci” stiamo portando un messaggio di cambiamento in tutto il mondo. Siamo già negli Stati Uniti, in Sud Africa e presto anche in Giappone. Il terreno è pronto al cambiamento, più di quanto si pensi...».
La diffusione di questi impianti è andata di pari passo con quella delle Pompe di calore: i due settori sono legati da un doppio filo, ma riescono davvero, secondo lei, ad essere in sintonia?
«Quello delle pompe di calore è un settore che vedrà ancora una grande evoluzione tecnologica, ci sono spazi per sviluppare soluzioni integrate, cosa che sta in parte avvenendo, ma purtroppo non con le modalità che avevamo auspicato. Vorremmo trovare una maggior sintonia, una maggiore apertura da parte dei produttori, ma questo ancora non si vede. I sistemi tradizionali per l’aria condizionata sono formati da elementi separati, questo ha abituato tutti gli operatori a ragionare per compartimenti stagni. Il radiante, invece, per poter funzionare al meglio richiede approcci integrati: questa sarà un’altra grande sfida per il futuro. C’è davvero molto da fare...».
Immagino sia anche la soluzione che meglio si adatta alle ristrutturazioni...
«Si, infatti questo è uno degli aspetti più interessanti: se pensiamo all’Italia, dove il futuro dell’edilizia sarà sempre più orientato alla riqualificazione del patrimonio esistente, l’intervento a secco sui soffitti si presenta come la soluzione migliore. Questo perchè si tratta di un intervento per nulla invasivo sulle strutture, che permette di effettuare i lavori anche all’interno di edifici abitati, cosa impensabile con gli impianti a pavimento».
Quale evoluzione immaginate nei prossimi anni per queste tecnologie?
«Il futuro sarà molto interessante per noi. Sotto la definizione di “decondizionamoci” stiamo portando un messaggio di cambiamento in tutto il mondo. Siamo già negli Stati Uniti, in Sud Africa e presto anche in Giappone. Il terreno è pronto al cambiamento, più di quanto si pensi...».
La diffusione di questi impianti è andata di pari passo con quella delle Pompe di calore: i due settori sono legati da un doppio filo, ma riescono davvero, secondo lei, ad essere in sintonia?
«Quello delle pompe di calore è un settore che vedrà ancora una grande evoluzione tecnologica, ci sono spazi per sviluppare soluzioni integrate, cosa che sta in parte avvenendo, ma purtroppo non con le modalità che avevamo auspicato. Vorremmo trovare una maggior sintonia, una maggiore apertura da parte dei produttori, ma questo ancora non si vede. I sistemi tradizionali per l’aria condizionata sono formati da elementi separati, questo ha abituato tutti gli operatori a ragionare per compartimenti stagni. Il radiante, invece, per poter funzionare al meglio richiede approcci integrati: questa sarà un’altra grande sfida per il futuro. C’è davvero molto da fare...».