Focus Leggi/Normative

18.01.2022

La burocrazia blocca lo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia

Normativa obsoleta e disomogenea, comitati di opposizione e iter burocratico lento: secondo Legambiente sono i fattori che più vincolano lo sviluppo dei progetti per le energie rinnovabili nel territorio italiano

Che la burocrazia sia un grosso ostacolo per un rapido avviamento dei progetti legati alle energie rinnovabili non è un segreto, tantomeno una novità, ma Legambiente, con la pubblicazione del report “Scacco Matto alle rinnovabili” mette ancora di più in evidenza questa drammatica condizione.

Il raggiungimento degli obiettivi climatici europei per la riduzione del 55% rispetto ai valori del 1990 delle emissioni di anidride carbonica entro il 2030 è a rischio, così come il contenimento dell’aumento della temperatura globale.

Per rispettare gli obiettivi fissati dall’Europa, in Italia si dovranno installare almeno 70 GW di potenza da fonti rinnovabili, ma se si continua così il nostro paese questi obiettivi non li raggiungerà prima del 2100, visto che attualmente ha una media annua di nuova potenza installata pari a 0,8 GW,  quando in realtà dovrebbe installarne 9 GW all’anno per mettersi in linea con percorso verso la decarbonizzazione.

Il vero problema sono i vincoli che i progetti per le energie rinnovabili incontrano nella burocrazia italiana: se anche solo la metà di questi progetti arrivasse alla fine dell’iter autorizzativo, l’Italia avrebbe già raggiunto i risultati tanto attesi.

Ma nella realtà dei fatti ci vogliono anni per ottenere l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto a fonti energetiche rinnovabili, a causa delle normative obsolete, del lento rilascio delle autorizzazioni, della discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, dei blocchi da parte delle sovrintendenze, della disomogeneità delle norme regionali, dei contenziosi tra istituzioni, delle regole confuse e talvolta contraddittorie. In questo incide sicuramente la mancanza di un quadro normativo unico e aggiornato che, secondo Legambiente, è obsoleto, poiché la normativa di riferimento attuale (il decreto Interministeriale del 10 settembre 2010) ha ormai quasi 12 anni, e non è aggiornato sugli sviluppi attuali in termini di innovazione tecnologica.

Nel report si evidenzia che, dei 20 GW di progetti per i quali è stata fatta istanza dal 2017 ad oggi, attualmente ne sono stati autorizzati solo 0,64: il 91% di questi si trova nella fase iniziale del procedimento, mentre i provvedimenti di VIA positiva sono stati emessi per solamente 212 MW, mentre a 1.030 i MW sono stati dati provvedimenti negativi.

Un’altra questione posta da Legambiente sottolinea che, proprio per la scarsa capacità di realizzare questi impianti, si potrebbe correre il rischio di disincentivare gli investimenti di Terna sui lavori di adeguamento della rete, perché non avrebbe senso investire nella rete se gli impianti che richiedono tali adeguamenti non verranno mai approvati e realizzati.

Ma oltre agli ostacoli burocratici, le rinnovabili hanno anche un altro nemico: i comitati NIMBY e NIMTO. I primi, acronimo di Not In My Back Yard (ossia “non nel mio giardino”), sono costituiti perlopiù da privati cittadini nei quali si accende un meccanismo psicologico di opposizione che può nascere dall’esclusione di questi soggetti dai processi decisionali, che quindi si oppongono alle decisioni “dall’alto”. La seconda tipologia di comitati, Not In My Terms of Office (ovvero “ non durante il mio mandato”), sono composti da amministratori, generalmente locali, e politici, e sono tipici delle situazioni in cui non c’è fiducia tra le istituzioni e quando non si vuole perdere consenso elettorale.

I comitati NIMBY e NIMTO sono due realtà distinte che però possono anche cooperare per bloccare lo sviluppo dei progetti per le energie rinnovabili, come è successo nel caso dell’impianto eolico off-shore di Rimini o in quelli galleggianti del Sulcis, in Sardegna, e del Canale di Sicilia.

L’eolico è la tecnologia che incontra maggiori difficoltà autorizzative, come nel caso del progetto sui crinali del Mugello (Toscana), per il quale erano previste 8 turbine eoliche che potevano produrre 80 GWh di energia pulita all’anno, approvate dai Comuni coinvolti e dalla Regione, ma ostacolati dalla sovrintendenza ai Beni Culturali, dai comitati locali, da parte dei cittadini e di alcune associazioni. O in Puglia ci sono molti progetti bloccati, in zone marginali e non, come ad esempio l’impianto eolico off-shore di Taranto, e in Campania ci sono dei ripensamenti sullo sviluppo di alcuni impianti, come quello eolico da realizzarsi nel Comune di San Bartolomeo in Galdo, e in Veneto si vorrebbe limitare la potenza installabile per gli impianti solari fotovoltaici sulle aree agricole.

Questi sono solo alcuni dei 20 esempi di progetti in stallo riportati all’interno del report di Legambiente, ma nonostante tutto sembri giocare a sfavore dello sviluppo delle energie rinnovabili in Italia, occorre ricordare che la transizione ecologica è necessaria e deve essere attuata il prima possibile, così come anche la neutralità climatica ha carattere di estrema urgenza: non saranno certo delle pale eoliche a rovinare il nostro paese.