Speciale 89
Il ciclo di sostenibilità dell'edificio: dalla produzione autonoma allo smaltimento
Alcuni contenuti di questo speciale:
Articolo
di Cudicio Maurizio – Libero Professionista www.proenco.it <br />Forese Gianpaolo – Libero Professionista www.studioforese.it
Tecnologie impiantistiche per il riutilizzo dell’acqua
Molto spesso, all’interno di un edificio, vengono utilizzate una sola volta risorse presenti in natura, quali acqua, aria, ecc, quando in realtà le stesse, con piccoli accorgimenti, potrebbero essere rigenerate e riutilizzate più volte.
Soffermandoci sulle acque, le principali tecnologie riguardano:
Le acque grigie sono le acque di scarico libere da materiale fecale e da acque di scarico della cucina. Provengono da docce, vasche da bagno, lavandini e utenze similari e, nella quasi totalità degli edifici, esse vengono inviate direttamente alla rete di scarico pubblica. Potrebbero, invece, essere riutilizzate una seconda volta, riducendo di fatto i costi di fornitura dell’acqua e di smaltimento, e permettendo di ridurre il consumo di acqua di rete fino a circa il 40-50%.
È evidente e ovvio che le acque provenienti da lavandini, docce e vasche da bagno, necessitano di un opportuno trattamento prima di poter essere riutilizzate per caricare la vaschette di risciacquo dei vasi, per l’irrigazione, per la lavatrice o per le pulizie interne. Nelle tecnologie più diffuse, l’acqua di scarico subisce un primo trattamento di pre-filtrazione che permette di trattenere il particolato di maggiori dimensioni quali capelli e altro. Successivamente, passa attraverso un secondo stadio di filtrazione costituito da una unità caratterizzata da diversi strati filtranti, ciascuno composto da materiali di diversa granulometria e conformazione. I reflui attraversano gli strati filtranti dal basso verso l’alto, subendo una graduale depurazione di tipo fisico.
La fase successiva riguarda il passaggio dell’acqua attraverso un sistema di debatterizzazione, caratterizzato da un dosaggio di ozono in opportune concentrazioni all’interno di una vasca di accumulo. L’ozono ha un elevato potere sterilizzante ed è in grado di ridurre, in tempi brevi, fino al 99,99% la concentrazione di numerosi agenti patogeni eventualmente presenti nelle acque di scarico ottenendo un’acqua “sanificata”.
Questo procedimento consente di poter riutilizzare le acque trattate con sicurezza per gli usi indicati.

Un secondo metodo di trattamento delle acque grigie prevede l’adozione di un sistema di filtrazione ad alta efficienza in sostituzione del sistema ad ozono. In questo sistema, rimangono invariate le fasi di pre-filtrazione e filtrazione delle acque attraverso masse di diverse dimensioni, che vengono poi inviate ad uno speciale sistema di ultra-filtrazione nel quale il refluo, per mezzo di una pompa a bassa pressione attraversa una speciale membrana che è in grado di eseguire una separazione tra le particelle solide e il liquido.
Questo permette la depurazione dell’acqua garantendo, a valle del sistema, acqua priva di sostanze inquinanti, quali solidi in sospensione, colloidi, batteri e virus.
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Anche le acque nere possono essere riutilizzate. Va precisato che negli ultimi anni, grazie ad una maggiore sensibilizzazione degli enti pubblici, è stato possibile realizzare, nel caso di nuove lottizzazioni o opere comunali di rilevante entità, reti fognarie separate per acqua piovane, acque nere e grigie. Questo processo migliorativo è nato, con il recepimento delle Direttive CEE, attraverso l’emanazione del D.Lgs 152/2006 che definisce le norme tecniche in materia ambientale. La differenziazione delle reti di scarico permette di inviare ai sistemi di depurazione una quantità minore di reflui da trattare, permettendo di ridurre le infrastrutture necessarie e correlate. Infine il Decreto n. 185 del 12 Giugno 2003 stabiliva le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue, secondo quanto disposto dal Decreto Legislativo 152/99.
Il sistema più diffuso prevede una prima fase di depurazione mediante sedimentazione primaria in vasca Imhoff per quelle nere e degrassatore per quelle delle cucine. Il secondo passaggio prevede l’ossidazione biologica degli scarichi pre-trattati, mediante un impianto a fanghi attivi, per poi passare a una sedimentazione secondaria garantita da un compartimento di decantazione provvisto di estrattore fanghi, per arrivare infine ad un sistema di debatterizzazione mediante bacino di contatto di disinfezione e accumulo, con filtrazione in pressione su letto misto quarzite/carboni attivi.
Le acque così trattate possono essere reimpiegate, previo stoccaggio in un contenitore - anche in questo caso può corrispondere al serbatoio di accumulo delle acque meteoriche - per poi essere utilizzate nelle cassette dei WC, per l’irrigazione del giardino, per la pulizia dell’edificio o per la lavatrice.
Ovviamente, l’acqua così trattata non può in alcun modo essere utilizzata per usi potabili.
Molto più diffusi e conosciuti sono gli impianti per il recupero delle acque piovane, che permettono di ridurre drasticamente la richiesta di acqua all’acquedotto, con conseguenti benefici ambientali e diretti per l’utilizzatore. Si stima, infatti, che nelle abitazioni civili circa il 50% del fabbisogno giornaliero d’acqua, corrispondente a una richiesta pro capite giornaliera variabile tra 150 e 200 litri/persona giorno, possa essere fornito attraverso il recupero delle acque piovane.
La quota maggiore di prelievo di acqua spetta alle cassette per il risciacquo dei WC, lavaggio del bucato, irrigazione e lavaggi veicoli, che sono utenze che possono essere alimentate da acqua piovana accumulata precedentemente. Si fa notare che il riutilizzo dell’acqua piovana è particolarmente indicato per l’utilizzo nelle lavatrici: l’acqua è priva di calcare, quindi, non solo preserva le tubazioni e le resistenze elettriche interne alla lavatrici dai depositi calcarei, ma consente di utilizzare anche una minore quantità di detersivo per singolo ciclo di lavaggio. La riduzione di detersivo può arrivare anche al 50%, con indubbi vantaggi sia in termini di costi che l’utente deve sostenere per richiesta acqua da acquedotto, manutenzione di tubi e delle lavatrici e acquisto del detersivo, ma anche di minori inquinanti immessi nella rete pubblica, con diretta riduzione sui costi collettivi per la depurazione finale.

La fitodepurazione è un processo mediante il quale è possibile depurare le acque reflue civili derivanti dalle cucine, dai bagni o altre utenze similari con le piante, le quali svolgono la funzione di filtri biologici in grado di ridurre le sostanze inquinanti presenti. I trattamenti di fitodepurazione sono trattamenti di tipo biologico in grado di sfruttare la capacità di autodepurazione che hanno gli ambienti acquatici. Per ottimizzare i rendimenti e per limitare l’impiego di superficie, si ricorre a pretrattamenti che consistono generalmente in un sedimentatore primario, quali vasche a tre camere, Imhoff o condensagrassi. La rimozione degli inquinanti avviene attraverso processi biologici, chimici, fisici nei quali il ruolo principale spetta alle piante che favoriscono lo sviluppo di microrganismi in grado di svolgere una funzione depurativa dell’acqua.
I principali vantaggi ottenibili dai sistemi di fitodepurazione sono i seguenti:
Esistono sostanzialmente due tipologie di sistemi di filtrazione per fitodepurazione:

Soffermandoci sulle acque, le principali tecnologie riguardano:
- Riutilizzo delle acque grigie;
- Riutilizzo acque nere;
- Recupero delle acque piovane;
- Fitodepurazione.
Riutilizzo delle acque grigie
Le acque grigie sono le acque di scarico libere da materiale fecale e da acque di scarico della cucina. Provengono da docce, vasche da bagno, lavandini e utenze similari e, nella quasi totalità degli edifici, esse vengono inviate direttamente alla rete di scarico pubblica. Potrebbero, invece, essere riutilizzate una seconda volta, riducendo di fatto i costi di fornitura dell’acqua e di smaltimento, e permettendo di ridurre il consumo di acqua di rete fino a circa il 40-50%.
È evidente e ovvio che le acque provenienti da lavandini, docce e vasche da bagno, necessitano di un opportuno trattamento prima di poter essere riutilizzate per caricare la vaschette di risciacquo dei vasi, per l’irrigazione, per la lavatrice o per le pulizie interne. Nelle tecnologie più diffuse, l’acqua di scarico subisce un primo trattamento di pre-filtrazione che permette di trattenere il particolato di maggiori dimensioni quali capelli e altro. Successivamente, passa attraverso un secondo stadio di filtrazione costituito da una unità caratterizzata da diversi strati filtranti, ciascuno composto da materiali di diversa granulometria e conformazione. I reflui attraversano gli strati filtranti dal basso verso l’alto, subendo una graduale depurazione di tipo fisico.
La fase successiva riguarda il passaggio dell’acqua attraverso un sistema di debatterizzazione, caratterizzato da un dosaggio di ozono in opportune concentrazioni all’interno di una vasca di accumulo. L’ozono ha un elevato potere sterilizzante ed è in grado di ridurre, in tempi brevi, fino al 99,99% la concentrazione di numerosi agenti patogeni eventualmente presenti nelle acque di scarico ottenendo un’acqua “sanificata”.
Questo procedimento consente di poter riutilizzare le acque trattate con sicurezza per gli usi indicati.

Un secondo metodo di trattamento delle acque grigie prevede l’adozione di un sistema di filtrazione ad alta efficienza in sostituzione del sistema ad ozono. In questo sistema, rimangono invariate le fasi di pre-filtrazione e filtrazione delle acque attraverso masse di diverse dimensioni, che vengono poi inviate ad uno speciale sistema di ultra-filtrazione nel quale il refluo, per mezzo di una pompa a bassa pressione attraversa una speciale membrana che è in grado di eseguire una separazione tra le particelle solide e il liquido.
Questo permette la depurazione dell’acqua garantendo, a valle del sistema, acqua priva di sostanze inquinanti, quali solidi in sospensione, colloidi, batteri e virus.
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Riutilizzo delle acque nere
Anche le acque nere possono essere riutilizzate. Va precisato che negli ultimi anni, grazie ad una maggiore sensibilizzazione degli enti pubblici, è stato possibile realizzare, nel caso di nuove lottizzazioni o opere comunali di rilevante entità, reti fognarie separate per acqua piovane, acque nere e grigie. Questo processo migliorativo è nato, con il recepimento delle Direttive CEE, attraverso l’emanazione del D.Lgs 152/2006 che definisce le norme tecniche in materia ambientale. La differenziazione delle reti di scarico permette di inviare ai sistemi di depurazione una quantità minore di reflui da trattare, permettendo di ridurre le infrastrutture necessarie e correlate. Infine il Decreto n. 185 del 12 Giugno 2003 stabiliva le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue, secondo quanto disposto dal Decreto Legislativo 152/99.
Il sistema più diffuso prevede una prima fase di depurazione mediante sedimentazione primaria in vasca Imhoff per quelle nere e degrassatore per quelle delle cucine. Il secondo passaggio prevede l’ossidazione biologica degli scarichi pre-trattati, mediante un impianto a fanghi attivi, per poi passare a una sedimentazione secondaria garantita da un compartimento di decantazione provvisto di estrattore fanghi, per arrivare infine ad un sistema di debatterizzazione mediante bacino di contatto di disinfezione e accumulo, con filtrazione in pressione su letto misto quarzite/carboni attivi.
Le acque così trattate possono essere reimpiegate, previo stoccaggio in un contenitore - anche in questo caso può corrispondere al serbatoio di accumulo delle acque meteoriche - per poi essere utilizzate nelle cassette dei WC, per l’irrigazione del giardino, per la pulizia dell’edificio o per la lavatrice.
Ovviamente, l’acqua così trattata non può in alcun modo essere utilizzata per usi potabili.
Riutilizzo delle acque piovane
Molto più diffusi e conosciuti sono gli impianti per il recupero delle acque piovane, che permettono di ridurre drasticamente la richiesta di acqua all’acquedotto, con conseguenti benefici ambientali e diretti per l’utilizzatore. Si stima, infatti, che nelle abitazioni civili circa il 50% del fabbisogno giornaliero d’acqua, corrispondente a una richiesta pro capite giornaliera variabile tra 150 e 200 litri/persona giorno, possa essere fornito attraverso il recupero delle acque piovane.
La quota maggiore di prelievo di acqua spetta alle cassette per il risciacquo dei WC, lavaggio del bucato, irrigazione e lavaggi veicoli, che sono utenze che possono essere alimentate da acqua piovana accumulata precedentemente. Si fa notare che il riutilizzo dell’acqua piovana è particolarmente indicato per l’utilizzo nelle lavatrici: l’acqua è priva di calcare, quindi, non solo preserva le tubazioni e le resistenze elettriche interne alla lavatrici dai depositi calcarei, ma consente di utilizzare anche una minore quantità di detersivo per singolo ciclo di lavaggio. La riduzione di detersivo può arrivare anche al 50%, con indubbi vantaggi sia in termini di costi che l’utente deve sostenere per richiesta acqua da acquedotto, manutenzione di tubi e delle lavatrici e acquisto del detersivo, ma anche di minori inquinanti immessi nella rete pubblica, con diretta riduzione sui costi collettivi per la depurazione finale.

Fitodepurazione
La fitodepurazione è un processo mediante il quale è possibile depurare le acque reflue civili derivanti dalle cucine, dai bagni o altre utenze similari con le piante, le quali svolgono la funzione di filtri biologici in grado di ridurre le sostanze inquinanti presenti. I trattamenti di fitodepurazione sono trattamenti di tipo biologico in grado di sfruttare la capacità di autodepurazione che hanno gli ambienti acquatici. Per ottimizzare i rendimenti e per limitare l’impiego di superficie, si ricorre a pretrattamenti che consistono generalmente in un sedimentatore primario, quali vasche a tre camere, Imhoff o condensagrassi. La rimozione degli inquinanti avviene attraverso processi biologici, chimici, fisici nei quali il ruolo principale spetta alle piante che favoriscono lo sviluppo di microrganismi in grado di svolgere una funzione depurativa dell’acqua.
I principali vantaggi ottenibili dai sistemi di fitodepurazione sono i seguenti:
- Costi minimi di costruzione e manutenzione;
- Fabbisogno minimo di superficie (2-4 m² per persona collegata);
- Minimo impatto ambientale (assenza di odori, totale abbattimento della carica patogena);
- Creazione di un'area verde;
- Possibilità di riutilizzo dell'acqua depurata come acqua non potabile;
- Riduzione dei consumi di energia elettrica di almeno il 50% rispetto ad un depuratore tradizionale;
- Effluente finale conforme alle norme vigenti (tabella 1,2 D.lg. 152, 1999).
Esistono sostanzialmente due tipologie di sistemi di filtrazione per fitodepurazione:
- Fitodepurazione a flusso verticale: il flusso di acqua rimane costantemente al di sotto della superficie del substrato e scorre in senso orizzontale grazie ad una leggera pendenza del fondo del letto garantita dall’uso di uno strato di sabbia sottostante il manto impermeabilizzante;
- Fitodepurazione e flusso orizzontale: prevede l’utilizzo della naturale capacità depurante dei suoli e della biomassa microbica presente, grazie alla quale avviene la rimozione del carbonio, la nitrificazione dell’azoto ammoniacale e dell’azoto nitrico. L’elevata permeabilità del substrato garantisce una costante aerazione e quindi un’elevata ossidazione e degradazione della sostanza organica e degli inquinanti anche nel periodo invernale, quando invece nel sistema a flusso orizzontale l’aerazione si riduce a una semplice filtrazione.
