Speciale 147
Nuove tecnologie per il clima residenziale
Alcuni contenuti di questo speciale:
Articolo
di Maurizio Cudicio
Tecnologie per il clima residenziale: la microcogenerazione
Generare energia termica per la climatizzazione invernale e al contempo produrre energia elettrica è una delle soluzioni impiantistiche che permette di massimizzare l’efficienza energetica di un fabbricato. E’ il caso dei sistemi di cogenerazione o più precisamente di micro-cogenerazione nel momento nel caso degli edifici residenziali, l’attuale normativa definisce in questo modo le macchine che producono energia elettrica con una potenza inferiore ai 50 kWe.
Gli impianti di cogenerazione si sono per lo più diffusi in settori dove è richiesta una elevata potenza di energia elettrica in modo continuativo nell’arco di tutta la giornata, come nel caso di ospedali, industrie con lavorazioni a ciclo continuo, aeroporti o edifici con destinazioni d’uso similari. Negli ultimi anni, però, hanno visto la luce macchine di taglia decisamente più piccola, che trovano collocazione in ambito residenziale.
Esiste di fatto una netta distinzione tra impianti di grossa taglia ed impianti residenziali.
Mentre nei casi di grandi impianti la producibilità elettrica è l’elemento determinante per la scelta della macchina, e il conseguente cascame termico derivante dal normale ciclo di funzionamento risulta essere quasi un sottoprodotto di scarto, che viene recuperato per climatizzare i fabbricati, nel caso degli impianti più piccoli si osserva una inversione di tendenza nella quale la scelta della taglia e del tipo di macchina è basata per poter soddisfare le esigenze di riscaldamento, mentre la produzione di energia elettrica diventa un elemento secondario, che essendo gratuito, vale comunque la pena sfruttare.
Molto spesso, però, la selezione dell’unità di micro-cogenerazione effettuata sulla base delle esigenze di riscaldamento, comporta una sovra produzione di energia elettrica rispetto al consumo dell’immobile stesso. Gli impianti di micro-cogenerazione, per questo motivo, richiedono un’attenta analisi preliminare per non incorrere nella sovrapproduzione elettrica. Purtroppo questa tecnologia stenta a decollare nel nostro paese a causa dei costi impiantistici ancora elevati, e di una crescente burocrazia autorizzativa e gestionale degli impianti e tempi di pay-back lunghi.
I sistemi di microcogenerazione presenti nel mercato sono di tre tipi
Nel settore residenziale e comunque in impianti di piccola/media dimensione, trovano maggiore diffusione i sistemi alimentati con combustibili di tipo gassoso in quanto hanno valori di emissioni inquinanti nettamente più bassi rispetto ai motori che sfruttano combustibili liquidi. I generatori alimentati con combustibili liquidi trovano diffusione nel settore marittimo o nel settore agricolo, dove in molti casi la scelta è dettata da esigenze fisiche relative al trasporto del carburante o al fatto che lo stesso venga autoprodotto dall’utilizzatore.
Le celle a combustibile sono sistemi elettrochimici nei quali viene convertita l’energia chimica di un combustibile, normalmente idrogeno, in energia elettrica riuscendo ad avere una maggiore efficienza grazie all’assenza di cicli termodinamici intermedi. Una cella a combustibile ha un funzionamento di tipo elettrochimico, di fatto analogo a quello di una batteria, con l’unica differenza che tale processo avviene attraverso sostanze o elementi derivanti dall’esterno, rendendo tale ciclo produttivo capace di operare senza interruzioni durante tutto il ciclo di somministrazione del combustibile e del comburente.
La cella a combustione è costituita da due elettrodi in materiale poroso, separati da un elettrolita. Gli elettrodi fungono da siti catalitici per le reazioni di cella, che consumano fondamentalmente idrogeno ed ossigeno, con produzione di acqua e passaggio di corrente elettrica nel circuito esterno. L’elettrolita funge da conduttore di ioni prodotti da una reazione e consumati dall’altra, chiudendo il circuito elettrico all’interno della cella.
Dal completamento della trasformazione elettrochimica vi è produzione di calore, che deve essere smaltito e che ovviamente può essere riutilizzato negli impianti termici.
Il ciclo di Stirling è uno dei cicli meno conosciuti. Un motore sterling è una macchina a ciclo chiuso azionata meccanicamente, nella quale avviene una pulsazione ciclica del fluido confinato all’interno della macchina stessa, chiamato appunto fluido di ciclo. Il ciclo Stirling è particolarmente interessante perché consente di utilizzare qualsiasi fonte di calore o tipo di combustibile.
La peculiarità che contraddistingue tale sistema risiede nel fatto che non vi è alcun cambiamento di stato del fluido di ciclo e la sua efficienza è legata alla tipologia di fluido, ma di contro, a causa delle dimensioni relativamente ingombranti, nel mercato è possibile trovare macchine che non superano di norma i 100 kW. Nel ciclo di Stirling l’efficienza rimane pressoché invariata a tutte le temperature. Il tipo di fluido pertanto non è particolarmente vincolante, purché risulti essere gassoso alle temperature operative.
Il ciclo Stirling è definito a combustione esterna, appunto per il fatto che il calore necessario alla movimentazione del pistone non viene prodotto direttamente all’interno del cilindro in cui scorre il pistone, come avviene nel caso dei motori a combustione interna, ma viene ceduto dall'esterno tramite uno scambiatore di calore.
Gli impianti di cogenerazione si sono per lo più diffusi in settori dove è richiesta una elevata potenza di energia elettrica in modo continuativo nell’arco di tutta la giornata, come nel caso di ospedali, industrie con lavorazioni a ciclo continuo, aeroporti o edifici con destinazioni d’uso similari. Negli ultimi anni, però, hanno visto la luce macchine di taglia decisamente più piccola, che trovano collocazione in ambito residenziale.
Esiste di fatto una netta distinzione tra impianti di grossa taglia ed impianti residenziali.
Mentre nei casi di grandi impianti la producibilità elettrica è l’elemento determinante per la scelta della macchina, e il conseguente cascame termico derivante dal normale ciclo di funzionamento risulta essere quasi un sottoprodotto di scarto, che viene recuperato per climatizzare i fabbricati, nel caso degli impianti più piccoli si osserva una inversione di tendenza nella quale la scelta della taglia e del tipo di macchina è basata per poter soddisfare le esigenze di riscaldamento, mentre la produzione di energia elettrica diventa un elemento secondario, che essendo gratuito, vale comunque la pena sfruttare.
Molto spesso, però, la selezione dell’unità di micro-cogenerazione effettuata sulla base delle esigenze di riscaldamento, comporta una sovra produzione di energia elettrica rispetto al consumo dell’immobile stesso. Gli impianti di micro-cogenerazione, per questo motivo, richiedono un’attenta analisi preliminare per non incorrere nella sovrapproduzione elettrica. Purtroppo questa tecnologia stenta a decollare nel nostro paese a causa dei costi impiantistici ancora elevati, e di una crescente burocrazia autorizzativa e gestionale degli impianti e tempi di pay-back lunghi.
I sistemi di microcogenerazione presenti nel mercato sono di tre tipi
- Motori a combustione interna alimentati a gas;
- Microcogeneratori con celle a combustile;
- Motori Stirling a combustione esterna.
MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA
I sistemi di cogenerazione a combustione interna sono sistemi simili ai motori delle automobili studiati ed adattati per un funzionamento stazionario.Nel settore residenziale e comunque in impianti di piccola/media dimensione, trovano maggiore diffusione i sistemi alimentati con combustibili di tipo gassoso in quanto hanno valori di emissioni inquinanti nettamente più bassi rispetto ai motori che sfruttano combustibili liquidi. I generatori alimentati con combustibili liquidi trovano diffusione nel settore marittimo o nel settore agricolo, dove in molti casi la scelta è dettata da esigenze fisiche relative al trasporto del carburante o al fatto che lo stesso venga autoprodotto dall’utilizzatore.
MICROCOGENERATORI CON CELLE A COMBUSTILE
Le celle a combustibile sono sistemi elettrochimici nei quali viene convertita l’energia chimica di un combustibile, normalmente idrogeno, in energia elettrica riuscendo ad avere una maggiore efficienza grazie all’assenza di cicli termodinamici intermedi. Una cella a combustibile ha un funzionamento di tipo elettrochimico, di fatto analogo a quello di una batteria, con l’unica differenza che tale processo avviene attraverso sostanze o elementi derivanti dall’esterno, rendendo tale ciclo produttivo capace di operare senza interruzioni durante tutto il ciclo di somministrazione del combustibile e del comburente.
La cella a combustione è costituita da due elettrodi in materiale poroso, separati da un elettrolita. Gli elettrodi fungono da siti catalitici per le reazioni di cella, che consumano fondamentalmente idrogeno ed ossigeno, con produzione di acqua e passaggio di corrente elettrica nel circuito esterno. L’elettrolita funge da conduttore di ioni prodotti da una reazione e consumati dall’altra, chiudendo il circuito elettrico all’interno della cella.
Dal completamento della trasformazione elettrochimica vi è produzione di calore, che deve essere smaltito e che ovviamente può essere riutilizzato negli impianti termici.
MOTORI STIRLING
Il ciclo di Stirling è uno dei cicli meno conosciuti. Un motore sterling è una macchina a ciclo chiuso azionata meccanicamente, nella quale avviene una pulsazione ciclica del fluido confinato all’interno della macchina stessa, chiamato appunto fluido di ciclo. Il ciclo Stirling è particolarmente interessante perché consente di utilizzare qualsiasi fonte di calore o tipo di combustibile.
La peculiarità che contraddistingue tale sistema risiede nel fatto che non vi è alcun cambiamento di stato del fluido di ciclo e la sua efficienza è legata alla tipologia di fluido, ma di contro, a causa delle dimensioni relativamente ingombranti, nel mercato è possibile trovare macchine che non superano di norma i 100 kW. Nel ciclo di Stirling l’efficienza rimane pressoché invariata a tutte le temperature. Il tipo di fluido pertanto non è particolarmente vincolante, purché risulti essere gassoso alle temperature operative.
Il ciclo Stirling è definito a combustione esterna, appunto per il fatto che il calore necessario alla movimentazione del pistone non viene prodotto direttamente all’interno del cilindro in cui scorre il pistone, come avviene nel caso dei motori a combustione interna, ma viene ceduto dall'esterno tramite uno scambiatore di calore.
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