Focus Efficienza Energetica
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Le foreste europee sono a rischio per colpa della Direttiva Rinnovabili?
Il nuovo obiettivo europeo sulle FER prevede un utilizzo così consistente delle biomasse legnose che mette a rischio le foreste europee
La nuova direttiva europea sulle rinnovabili, con il suo ambizioso obiettivo al 32%, potrebbe avere il disastroso effetto di distruggere le foreste europee, al contempo producendo un insostenibile eccesso di CO2 diventando un pericoloso esempio a livello globale.
Un recente commento, pubblicato sul magazine scientifico online Nature, analizza i possibili effetti che la nuova politica europea sulle rinnovabili potrebbe avere sulle foreste europee e sulla produzione complessiva di CO2. Quasi inaspettatamente infatti l’UE, nell’approvare la direttiva che raddoppia l’obiettivo UE in merito all’utilizzo delle rinnovabili, ha ammesso la possibilità di utilizzo delle biomasse legnose, considerate a pieno titolo come fonti rinnovabili di energia. Una decisione inaspettata da un lato, in quanto non tiene conto di una raccomandazione firmata da circa 800 scienziati che, analizzando questa policy, la descrive come una possibile causa di accelerazione dei cambiamenti climatici.
Mentre una volta era diffusa unicamente la tecnica sostenibile di utilizzo degli scarti della lavorazione del legno per la generazione energetica, oggi si sta diffondendo sempre più quella di utilizzo di legna coltivata e raccolta appositamente per essere bruciata. Una tecnica che purtroppo si allontana dagli obiettivi di sostenibilità europei in quanto risulta assolutamente inefficiente dalla prospettiva delle emissioni in atmosfera.
Sia la decomposizione delle radici, che vengono lasciate nelle foreste a protezione del suolo, che la vera e propria combustione della legna, comportano infatti una produzione ed emissione di CO2 decisamente maggiore di quella derivante dall’uso del carbone o del gas naturale.
Naturalmente questo “debito di CO2” può essere riassorbito nel tempo dalla crescita di nuovi alberi, ma l’utilizzo sistematico di questa fonte naturale rischia di innescare un circolo vizioso di emissioni da cui potrebbe essere difficile uscire, perché si possa infatti percepire una riduzione sostanziale dei gas a effetto serra sarebbero infatti necessari molti, moltissimi anni di ricrescita delle foreste.
Sotto un profilo puramente numerico i ricercatori stimano che rimpiazzando le fonti fossili con la legna si andrebbe a produrre il doppio, se non il triplo, dell’anidride carbonica per ogni gigajoule di energia prodotta.
Un altro problema centrale che scaturisce dalla nuova direttiva riguarda la quantità di legna da utilizzare. Attualmente l’UE raccoglie un quantitativo di legname pari a quello raccolto da Canada e Stati Uniti, volume che però riesce a coprire solo il 5,5% della richiesta primaria di energia, e solo il 4% della richiesta di energia finale. Ciò significa che solo per arrivare al 10% in energia rinnovabile per il riscaldamento, come previsto dalla nuova direttiva RED, l’UE sarà costretta ad utilizzare il 50% del raccolto annuale.
Nonostante le indicazioni di sostenibilità contenute nella Direttiva, gli scienziati ritengono che fare un così ampio affidamento sulle biomasse legnose avrebbe delle conseguenze tutt’altro che sostenibili sul clima.
Per il futuro governi nazionali ed associazioni, in linea con il protocollo d'intesa su cui hanno concordato AIEL con il MAATM, dovranno valutare in modo approfondito quelle che saranno le politiche nazionali e sovranazionali più sostenibili da attuare, per poter trarre vantaggio dalle caratteristiche delle biomasse senza andare a creare un pericoloso e irreparabile debito di anidride carbonica e un grave danno alle foreste europee.
Un recente commento, pubblicato sul magazine scientifico online Nature, analizza i possibili effetti che la nuova politica europea sulle rinnovabili potrebbe avere sulle foreste europee e sulla produzione complessiva di CO2. Quasi inaspettatamente infatti l’UE, nell’approvare la direttiva che raddoppia l’obiettivo UE in merito all’utilizzo delle rinnovabili, ha ammesso la possibilità di utilizzo delle biomasse legnose, considerate a pieno titolo come fonti rinnovabili di energia. Una decisione inaspettata da un lato, in quanto non tiene conto di una raccomandazione firmata da circa 800 scienziati che, analizzando questa policy, la descrive come una possibile causa di accelerazione dei cambiamenti climatici.
Mentre una volta era diffusa unicamente la tecnica sostenibile di utilizzo degli scarti della lavorazione del legno per la generazione energetica, oggi si sta diffondendo sempre più quella di utilizzo di legna coltivata e raccolta appositamente per essere bruciata. Una tecnica che purtroppo si allontana dagli obiettivi di sostenibilità europei in quanto risulta assolutamente inefficiente dalla prospettiva delle emissioni in atmosfera.
Sia la decomposizione delle radici, che vengono lasciate nelle foreste a protezione del suolo, che la vera e propria combustione della legna, comportano infatti una produzione ed emissione di CO2 decisamente maggiore di quella derivante dall’uso del carbone o del gas naturale.
Naturalmente questo “debito di CO2” può essere riassorbito nel tempo dalla crescita di nuovi alberi, ma l’utilizzo sistematico di questa fonte naturale rischia di innescare un circolo vizioso di emissioni da cui potrebbe essere difficile uscire, perché si possa infatti percepire una riduzione sostanziale dei gas a effetto serra sarebbero infatti necessari molti, moltissimi anni di ricrescita delle foreste.
Sotto un profilo puramente numerico i ricercatori stimano che rimpiazzando le fonti fossili con la legna si andrebbe a produrre il doppio, se non il triplo, dell’anidride carbonica per ogni gigajoule di energia prodotta.
Un altro problema centrale che scaturisce dalla nuova direttiva riguarda la quantità di legna da utilizzare. Attualmente l’UE raccoglie un quantitativo di legname pari a quello raccolto da Canada e Stati Uniti, volume che però riesce a coprire solo il 5,5% della richiesta primaria di energia, e solo il 4% della richiesta di energia finale. Ciò significa che solo per arrivare al 10% in energia rinnovabile per il riscaldamento, come previsto dalla nuova direttiva RED, l’UE sarà costretta ad utilizzare il 50% del raccolto annuale.
Nonostante le indicazioni di sostenibilità contenute nella Direttiva, gli scienziati ritengono che fare un così ampio affidamento sulle biomasse legnose avrebbe delle conseguenze tutt’altro che sostenibili sul clima.
Per il futuro governi nazionali ed associazioni, in linea con il protocollo d'intesa su cui hanno concordato AIEL con il MAATM, dovranno valutare in modo approfondito quelle che saranno le politiche nazionali e sovranazionali più sostenibili da attuare, per poter trarre vantaggio dalle caratteristiche delle biomasse senza andare a creare un pericoloso e irreparabile debito di anidride carbonica e un grave danno alle foreste europee.
