Focus Leggi/Normative

28.07.2014
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La legge italiana legittima il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato

Distacco dal riscaldamento centralizzato: lo sancisce una sentenza della Suprema Corte di Cassazione, ma solo se non incide sui costi per gli altri condomini.
Il distacco dal riscaldamento centralizzato è stato sancito da un sentenza della Suprema Corte di Cassazione, che ha di fatto riempito un vuoto normativo, ci si potrà quindi dotare di riscaldamento autonomo, purché questo non danneggi in modo grave gli altri condomini. All’evoluzione tecnologica dei sistemi di climatizzazione, centralizzati e autonomi, anche la giurisprudenza italiana pare essersi quindi finalmente adeguata, ad esempio, aggiornando il contenuto dell’art. 1118 comma IV del Codice Civile, di recepimento della Legge di Riforma del Condominio (DL 11/12/2012), in vigore dallo scorso anno.

Fino ai primi anni Novanta, era consuetudine incontrare, nei condomini degli italiani, un unico impianto termico per la produzione e distribuzione di riscaldamento centralizzato. Tale impianto veniva normalmente gestito dall’amministratore di condominio, che aveva, tra gli altri, il compito di ripartirne i costi di utilizzo fra i condomini.

Successivamente, si è diffuso fra i cittadini un sentimento comune di riduzione dei costi legati alla climatizzazione e al riscaldamento, dovuto anche all’aumento del prezzo dei combustibili fossili, assieme ad una più corretta ed equa ripartizione delle relative spese di gestione. In questo contesto si inserisce infatti anche la direttiva 2012/27/UE, recepita anche in Italia, che impone, dal 31 dicembre 2016, l’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore in ogni unità immobiliare.

Ciononostante, sono molte le famiglie che percepiscono come un problema quello dell’impianto centralizzato: costi di gestione troppo alti per singola unità immobiliare, disomogeneità nella distribuzione di caldo o freddo in casa e problemi nella contabilizzazione dei consumi, sono solo alcuni dei motivi che hanno spinto molti condomini italiani a staccarsi dagli impianti termici centralizzati.

A questo riguardo, fino a poco tempo fa, la posizione della giurisprudenza italiana risultava ancora poco chiara.

A colmare questo gap normativo, è intervenuta recentemente una sentenza della Suprema Corte di Cassazione, in data 30 aprile 2014, con la quale i giudici hanno stabilito una sorta di prassi nella legislazione italiana, che guiderà le future controversie di qui a venire.

I giudici hanno infatti dato parere favorevole alle richieste dei condomini italiani intenzionati a distaccarsi dall’impianto centralizzato, per costituirne uno autonomo, per servire solo il proprio appartamento.

Condizione imprescindibile affinché l’autonomizzazione nella produzione di calore sia considerata legittima, è quella per cui questa non produca “notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”.

Ciò significa sostanzialmente che è sempre possibile rendersi autonomi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, anche senza il consenso degli altri condomini, ma solo ed esclusivamente se tale azione non risulta pregiudizievole per gli altri inquilini dello stabile, in termini economici o di funzionamento dell’impianto.

Secondo quanto previsto dalla legge italiana, infatti, nel caso in cui, a seguito di un distacco dal riscaldamento centralizzato, i costi legati, ad esempio, ai consumi di gasolio non risultino alterati, ovvero diminuiti, per i restanti condomini, l’inquilino separatista è comunque tenuto a partecipare alle spese condominiali di gestione e funzionamento dell’impianto centrale, oltre che di quello privato.

In nessun caso, comunque, prevede ancora la legge, il condomino staccatosi dall’impianto centralizzato può ritenersi esente dalla partecipazione alle spese di manutenzione, conservazione e messa a norma dello stesso, in quanto comproprietario di un bene comune.