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ISK-Sodex 2016: la fiera che apre le porte all’Oriente ha accolto oltre 83mila visitatori
Tra costruzioni e tecnologie HVAC, la Turchia si dimostra un Paese fiorente e aperto ad altri mercati. A ISK-Sodex 2016 abbiamo intervistato Alexander Kühnel, General Manager Hannover Messe.
1293 aziende, da 46 paesi diversi, per oltre 50.000 metri quadrati: sono questi i numeri di ISK-Sodex, la manifestazione dedicata al mondo HVAC che si è conclusa da poco a Istanbul, in Turchia. Durante i 4 giorni della manifestazione 83.764 professionisti hanno visitato la manifestazione, confermandone il successo e la crescente importanza strategica per tutte le aziende che desiderano affacciarsi ai mercati del vicino oriente e dell’Europa orientale.
Per avere un quadro più preciso delle opportunità offerte da questo evento e, più in generale, dell’area dell’Eurasia, abbiamo intervistato Alexander Kühnel, General Manager Hannover Messe Sodeks Fuarcılık, a margine della manifestazione.
Sig. Kühnel, iniziamo con il mercato delle costruzioni in Turchia: come sta crescendo e in che modo le fiere come la vostra possono essere importanti per le aziende?
«Lo avrà notato, venendo alla fiera dall’aeroporto: nonostante in molti parlino di crisi delle costruzioni, non ci sono altro che costruzioni qui, ovunque.
Non c’è crisi per settori come quello del condizionamento, riscaldamento, refrigerazione e ventilazione in Turchia. In qualsiasi momento si costruiscano edifici, questi aspetti tecnici sono necessari».
L’Unione Europea ha sviluppato con gli stati membri diverse forme di incentivazione per l’efficienza energetica in edilizia e l’utilizzo di energie rinnovabili, in Turchia esiste qualcosa di simile?
«Ho partecipato di recente ad una conferenza in cui gli “Edifici a energia quasi zero” sono stati uno degli argomenti principali. L’energia è limitata, quindi dobbiamo produrla e consumarla in modo più attento, anche perché la Turchia non possiede risorse naturali, è solo un Paese di passaggio. Quindi il problema dell’energia esiste. Penso però che l’obiettivo sarà raggiunto passo dopo passo, non nell’immediato».
Tra i padiglioni sono presenti vecchie tecnologie (abbiamo visto perfino delle caldaie a carbone), ma ci sono anche tecnologie molto avanzate, come può spiegare questa divergenza?
«Questo fenomeno è davvero lo specchio del Paese, a cavallo tra la sua storia millenaria e la voglia di futuro: un paese dove ogni cosa è possibile. Certo, i turchi vorrebbero essere molto moderni, ma allo stesso tempo sono fortemente ancorati alle vecchie tecnologie, come alle tradizioni. La tendenza sarà, chiaramente, quella di passare alle moderne tecnologie, ma credo ci vorrà ancora del tempo…».
Secondo lei, perché le aziende italiane dovrebbero venire qui in Turchia a fare business?
«Gli italiani amano partecipare alle fiere. Dal mio punto di vista sono molto simili ai turchi, perché pensano che partecipare ad una fiera sia fondamentale per le proprie strategie di marketing: la fiera fisica è visibile, tangibile, percepibile. Insomma la stretta di mano conta ancora molto. Questa è la manifestazione più grande che abbiamo in Turchia, e la Turchia è un grandissimo mercato, per molti settori diversi».
Lei pensa che le aziende turche possano essere interessate al mercato italiano così come sono interessate ai prodotti italiani?
«Penso che siano interessate sia al mercato, sia ai prodotti».
E per quanto riguarda la prossima edizione? Perché gli italiani dovrebbero visitare la manifestazione o partecipare come espositori?
«Il motivo principale, se guardiamo la posizione di Istanbul, è l’apertura verso altri mercati.
Essere un espositore qui consente di avere visitatori diversi rispetto a quelli che si hanno alle fiere italiane o tedesche: ci sono più Paesi che partecipano, non ci sono problemi di passaporto, quindi per molti imprenditori è molto più facile arrivare a Istanbul che in Europa.
Per la prossima edizione siamo già al completo e, anche se vorremmo crescere, siamo già al limite della capacità della fiera. Ci sono una serie di progetti di espansione del polo fieristico, che sembrava stessero per essere messi in atto, ma al momento nulla di fatto. C’è però un altro aspetto importante da sottolineare: stiamo organizzando il tutto in collaborazione con cinque importanti associazioni di costruttori turchi, con cui abbiamo avuto un contratto di dieci anni, che ha incluso cinque edizioni della manifestazione, e che abbiamo rinnovato per altre tre edizioni».
A proposito della situazione politica in Turchia: è sicuro venire qui per motivi di business, aprire un’azienda, esportare, o la guerra in corso e la difficile situazione dei paesi vicini possono rappresentare un pericolo?
«Io non penso che sia un problema solo della Turchia, ma piuttosto un problema globale. Basti pensare agli attentati in Belgio, a Parigi, in Germania… Dobbiamo fare i conti con il fatto che c’è una certa dose di pericolo, ma non appartiene solo alla Turchia. Naturalmente non posso garantire a nessuno che non accadrà nulla, però le posso dire che noi siamo qui come fiera tedesca (Hannover Messe, ndr) e stiamo continuando a investire, se la situazione fosse così preoccupante crede che lo faremmo? Se me lo chiede personalmente, io non sono preoccupato di essere qui».
Per avere un quadro più preciso delle opportunità offerte da questo evento e, più in generale, dell’area dell’Eurasia, abbiamo intervistato Alexander Kühnel, General Manager Hannover Messe Sodeks Fuarcılık, a margine della manifestazione.
Sig. Kühnel, iniziamo con il mercato delle costruzioni in Turchia: come sta crescendo e in che modo le fiere come la vostra possono essere importanti per le aziende?
«Lo avrà notato, venendo alla fiera dall’aeroporto: nonostante in molti parlino di crisi delle costruzioni, non ci sono altro che costruzioni qui, ovunque.
Non c’è crisi per settori come quello del condizionamento, riscaldamento, refrigerazione e ventilazione in Turchia. In qualsiasi momento si costruiscano edifici, questi aspetti tecnici sono necessari».
L’Unione Europea ha sviluppato con gli stati membri diverse forme di incentivazione per l’efficienza energetica in edilizia e l’utilizzo di energie rinnovabili, in Turchia esiste qualcosa di simile?
«Ho partecipato di recente ad una conferenza in cui gli “Edifici a energia quasi zero” sono stati uno degli argomenti principali. L’energia è limitata, quindi dobbiamo produrla e consumarla in modo più attento, anche perché la Turchia non possiede risorse naturali, è solo un Paese di passaggio. Quindi il problema dell’energia esiste. Penso però che l’obiettivo sarà raggiunto passo dopo passo, non nell’immediato».
Tra i padiglioni sono presenti vecchie tecnologie (abbiamo visto perfino delle caldaie a carbone), ma ci sono anche tecnologie molto avanzate, come può spiegare questa divergenza?
«Questo fenomeno è davvero lo specchio del Paese, a cavallo tra la sua storia millenaria e la voglia di futuro: un paese dove ogni cosa è possibile. Certo, i turchi vorrebbero essere molto moderni, ma allo stesso tempo sono fortemente ancorati alle vecchie tecnologie, come alle tradizioni. La tendenza sarà, chiaramente, quella di passare alle moderne tecnologie, ma credo ci vorrà ancora del tempo…».
Secondo lei, perché le aziende italiane dovrebbero venire qui in Turchia a fare business?
«Gli italiani amano partecipare alle fiere. Dal mio punto di vista sono molto simili ai turchi, perché pensano che partecipare ad una fiera sia fondamentale per le proprie strategie di marketing: la fiera fisica è visibile, tangibile, percepibile. Insomma la stretta di mano conta ancora molto. Questa è la manifestazione più grande che abbiamo in Turchia, e la Turchia è un grandissimo mercato, per molti settori diversi».
Lei pensa che le aziende turche possano essere interessate al mercato italiano così come sono interessate ai prodotti italiani?
«Penso che siano interessate sia al mercato, sia ai prodotti».
E per quanto riguarda la prossima edizione? Perché gli italiani dovrebbero visitare la manifestazione o partecipare come espositori?
«Il motivo principale, se guardiamo la posizione di Istanbul, è l’apertura verso altri mercati.
Essere un espositore qui consente di avere visitatori diversi rispetto a quelli che si hanno alle fiere italiane o tedesche: ci sono più Paesi che partecipano, non ci sono problemi di passaporto, quindi per molti imprenditori è molto più facile arrivare a Istanbul che in Europa.
Per la prossima edizione siamo già al completo e, anche se vorremmo crescere, siamo già al limite della capacità della fiera. Ci sono una serie di progetti di espansione del polo fieristico, che sembrava stessero per essere messi in atto, ma al momento nulla di fatto. C’è però un altro aspetto importante da sottolineare: stiamo organizzando il tutto in collaborazione con cinque importanti associazioni di costruttori turchi, con cui abbiamo avuto un contratto di dieci anni, che ha incluso cinque edizioni della manifestazione, e che abbiamo rinnovato per altre tre edizioni».
A proposito della situazione politica in Turchia: è sicuro venire qui per motivi di business, aprire un’azienda, esportare, o la guerra in corso e la difficile situazione dei paesi vicini possono rappresentare un pericolo?
«Io non penso che sia un problema solo della Turchia, ma piuttosto un problema globale. Basti pensare agli attentati in Belgio, a Parigi, in Germania… Dobbiamo fare i conti con il fatto che c’è una certa dose di pericolo, ma non appartiene solo alla Turchia. Naturalmente non posso garantire a nessuno che non accadrà nulla, però le posso dire che noi siamo qui come fiera tedesca (Hannover Messe, ndr) e stiamo continuando a investire, se la situazione fosse così preoccupante crede che lo faremmo? Se me lo chiede personalmente, io non sono preoccupato di essere qui».
