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03.10.2019
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Più energia al fotovoltaico grazie alle nanoparticelle porose fluorescenti

Unimib ha sviluppato delle nanoparticelle porose fluorescenti ePAF che sanno ottenere energia dalle onde elettromagnetiche che i moduli FV non possono assorbire
Come non sprecare nessun raggio solare nella produzione di energia con il fotovoltaico? La ricerca sta facendo ottimi passi avanti in questo senso e, di recente, l’Università Milano-Bicocca ha comunicato di aver prodotto delle nanoparticelle porose fluorescenti che, come delle minuscole antenne invisibili, possono catturare e modificare l’energia solare in tutto il suo potenziale.
 
Questo nuovo materiale sviluppato si compone di ePAF, emitting porous aromatic frameworks, che hanno la caratteristica di poter catturare i fotoni sprecati e convertirli in fotoni ad alta energia, facilmente assorbibili da altri dispositivi fotovoltaici.
Lo spettro solare infatti si compone di uno spettro infinito di frequenze elettromagnetiche, visibili ad occhio nudo grazie all’arcobaleno e alle varie sfumature di colore che lo compongono. Ciascun colore corrisponde infatti a un fotone con diversa energia, tutti potenzialmente validi per la produzione energetica, anche se i moduli fotovoltaici diffusi attualmente riescono a raccogliere solo due terzi dei fotoni disponibili.
 
Proprio dall’esigenza di colmare questo vuoto nel potenziale del fotovoltaico, un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienza dei Materiali, guidato da Angelo Monguzzi, professore associato di Fisica Sperimentale della Materia, e da Angiolina Comotti, professore ordinario di Chimica Industriale, hanno lavorato al progetto che ha portato alla produzione degli ePAF.
 
I risultati della ricerca sono stati da poco pubblicati sul sito Advanced Materials, in un articolo intitolato "Engineering Porous Emitting Framework Nanoparticles with Integrated Sensitizers for Low-Power Photon Upconversion by Triplet Fusion".
 
Il materiale ePAF è, ad oggi, il primo esempio di prodotto completamente organico multicomponente per upconversion di fotoni. Le analisi hanno riscontrato che questo nanomateriale ha efficienze simili ai prodotti analoghi in formato liquido, tuttavia la forma solida ne semplificherebbe l’integrazione con dispositivi funzionanti finalizzata al miglioramento dell’efficienza.
 
Il Prof. Monguzzi ha spiegato  «In questo sistema le molecole convertitore sono artificialmente organizzate in un reticolo irregolare che permette il trasporto dell’energia assorbita e quindi la manipolazione della luce solare». «Il grande vantaggio di questo sistema a nanoparticelle porose fluorescenti- ha chiarito invece Angiolina Comotti - è la possibilità di sfruttare l’alto grado di porosità del reticolo per incorporare la quantità desiderata di molecola antenna controllando la composizione del materiale finale che regola l’efficienza del processo di conversione».
Ancora Monguzzi ha concluso «La realizzazione di questo materiale complesso si basa su concetti assolutamente generali, che potranno portare allo sviluppo di nuovi nanomateriali luminescenti avanzati da impiegare in altri campi della fotonica e dell’optoelettronica, per esempio per produrre nuovi markers per bio-imaging e nuovi sensori luminosi per sostanze nocive e pericolose».
 
Nell’immagine: Upconversion di fotoni in nanoparticelle porose fluorescenti