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F-Gas, ancora polemica su controlli e sanzioni. Concorrenza sleale o sopravvivenza?
Per CNA a Massa Carrara solo un tecnico su 10 opera con tutte le carte in regola. ATF denuncia vendite illecite di refrigeranti.

Non si placa la polemica sugli F-gas sollevata nei giorni scorsi dalle dichiarazioni del Sottosegretario allo Sviluppo Economico Simona Vicari, che aveva annunciato controlli a tappeto contro aziende e professionisti che operano senza essere in regola con le ultime disposizioni di legge su Patentino Frigoristi e Registro Telematico.
A parlare oggi è Manuela Paladini, Responsabile Provinciale Cna Impiantisti di Massa Carrara: “Allo stato attuale sono poche le imprese che hanno completato l’iter di certificazione, rispetto a quelle iscritte a suo tempo al registro telematico F-gas. Stiamo parlando di circa 160 imprese sulle quasi 700 iscritte al registro camerale”.
Carmine Battipaglia, presidente CNA Installazione Impianti, che già si era più volte pronunciato su questo argomento ribadisce che, se da un lato “va garantita l’attività delle imprese che operano correttamente sul mercato e va sanzionata la concorrenza sleale di chi, invece, non possiede le indispensabili certificazioni”. Dall’altro lato “è necessario intervenire con urgenza per rimuovere le criticità che rendono l’intero sistema di certificazione f-gas complesso ed estremamente costoso per le imprese”.
Anche Marco Buoni, presidente ATF e Centro Studi Galileo (uno dei principali enti certificatori italiani) ribadisce l’importanza di operare secondo le regole: “nei giorni scorsi ci è stato segnalato che veniva venduto gas refrigerante senza la richiesta del Patentino Frigoristi in alcuni centri commerciali. Abbiamo denunciato il fenomeno bloccando la vendita e interverremo ancora in queste ore nei confronti di chi non si è adeguato. I nostri tecnici hanno fatto sforzi per acquisire le qualifiche di legge. Ora sono formati, appartengono ad una categoria definita e devono essere protetti dalla concorrenza sleale di chi non è patentato”.
Tutte le principali associazioni invocano quindi maggiori controlli per regolarizzare situazioni di concorrenza sleale che, inevitabilmente, vanno a crearsi. Insomma, se da un lato è giusto chiedere che la legge sia rispettata, dall’altro lato, come purtroppo accade spesso in Italia, un principio corretto si è trasformato in una selva di cavilli e adempimenti burocratici, con dei costi troppo alti per le aziende.
Giusto quindi imporre una certificazione, ma con che modalità e con quali costi? Insomma, comprensibilmente, questo obbligo viene visto da molti non come un’opportunità di crescita, ma piuttosto come l’ennesimo metodo estorsivo mascherato da regolamento europeo. Sicuramente questo è molto più vero in Italia, dove le aziende subiscono già una pressione fiscale molto più alta rispetto alla media europea, in un momento difficile per l’economia, per le aziende e per i professionisti.
Perché il problema non sarebbero le spese per mettersi in regola, o almeno, non lo sarebbero se la pressione fiscale non arrivasse ai livelli insostenibili che conosce il nostro paese. In questo caso, quindi, si fatica a dare torto a chi decide - volontariamente o per necessità - di aggirare le regole, pur rischiando sanzioni che possono arrivare anche a 100.000 euro.
A parlare oggi è Manuela Paladini, Responsabile Provinciale Cna Impiantisti di Massa Carrara: “Allo stato attuale sono poche le imprese che hanno completato l’iter di certificazione, rispetto a quelle iscritte a suo tempo al registro telematico F-gas. Stiamo parlando di circa 160 imprese sulle quasi 700 iscritte al registro camerale”.
Carmine Battipaglia, presidente CNA Installazione Impianti, che già si era più volte pronunciato su questo argomento ribadisce che, se da un lato “va garantita l’attività delle imprese che operano correttamente sul mercato e va sanzionata la concorrenza sleale di chi, invece, non possiede le indispensabili certificazioni”. Dall’altro lato “è necessario intervenire con urgenza per rimuovere le criticità che rendono l’intero sistema di certificazione f-gas complesso ed estremamente costoso per le imprese”.
Anche Marco Buoni, presidente ATF e Centro Studi Galileo (uno dei principali enti certificatori italiani) ribadisce l’importanza di operare secondo le regole: “nei giorni scorsi ci è stato segnalato che veniva venduto gas refrigerante senza la richiesta del Patentino Frigoristi in alcuni centri commerciali. Abbiamo denunciato il fenomeno bloccando la vendita e interverremo ancora in queste ore nei confronti di chi non si è adeguato. I nostri tecnici hanno fatto sforzi per acquisire le qualifiche di legge. Ora sono formati, appartengono ad una categoria definita e devono essere protetti dalla concorrenza sleale di chi non è patentato”.
Tutte le principali associazioni invocano quindi maggiori controlli per regolarizzare situazioni di concorrenza sleale che, inevitabilmente, vanno a crearsi. Insomma, se da un lato è giusto chiedere che la legge sia rispettata, dall’altro lato, come purtroppo accade spesso in Italia, un principio corretto si è trasformato in una selva di cavilli e adempimenti burocratici, con dei costi troppo alti per le aziende.
Giusto quindi imporre una certificazione, ma con che modalità e con quali costi? Insomma, comprensibilmente, questo obbligo viene visto da molti non come un’opportunità di crescita, ma piuttosto come l’ennesimo metodo estorsivo mascherato da regolamento europeo. Sicuramente questo è molto più vero in Italia, dove le aziende subiscono già una pressione fiscale molto più alta rispetto alla media europea, in un momento difficile per l’economia, per le aziende e per i professionisti.
Perché il problema non sarebbero le spese per mettersi in regola, o almeno, non lo sarebbero se la pressione fiscale non arrivasse ai livelli insostenibili che conosce il nostro paese. In questo caso, quindi, si fatica a dare torto a chi decide - volontariamente o per necessità - di aggirare le regole, pur rischiando sanzioni che possono arrivare anche a 100.000 euro.