Speciale 163
Cambia l’etichetta energetica, ma è davvero uno strumento utile?
Alcuni contenuti di questo speciale:
Articolo
di Simone Michelotto
Etichetta energetica ed Ecodesign, futuri approcci
Vista la quantità di prodotti regolamentati e quanto questi siano per lo più apparecchiature di uso comune e quotidiano, si può affermare che il Regolamento EcoDesign abbia, in ultima analisi, lo scopo di invogliare all’utilizzo di prodotti a basso consumo energetico ed impianti ad alta efficienza energetica stagionale (sia in modalità riscaldamento sia in raffrescamento), conseguendo pertanto l’abbattimento delle emissioni nocive e dei gas serra, nonché la salvaguardia generale dell’ambiente. L’Unione Europea aggiorna continuamente i suoi standard sensibilizzando i consumatori riguardo a quanto sia importante immettere e trovare sul mercato prodotti virtuosi, realizzati con i criteri dell’economia circolare e dell’ottimizzazione dei rendimenti a fronte di altrettanto alte prestazioni di efficienza energetica.
Il grande successo ottenuto dall’etichettatura energetica comunitaria, intesa come politica per il miglioramento dell’efficienza energetica dei piccoli e grandi elettrodomestici, degli impianti, etc., è visibile sia considerando il riscontro ottenuto da parte dei consumatori, che hanno maturato una grande sensibilità rispetto all’acquisto preferenziale di modelli appartenenti alla classe più elevata di efficienza energetica, sviluppando al contempo consapevolezza dell’importanza di tale scelta, sia considerando la risposta ottenuta da parte dei produttori, i quali sono indotti a produrre ed immettere in commercio apparecchi ad elevata efficienza richiesti dal mercato stesso.
A fronte di un trend senz’altro positivo, per raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla Comunità occorre tuttavia uno sforzo ulteriore, come evidenziato dalla Corte dei Conti europea nella relazione 01/2020 nella quale fa il punto su questi provvedimenti, evidenziandone benefici e criticità.
Tra queste ultime, il tribunale accusa dei ritardi, a suo avviso evitabili, nel processo di regolamentazione, dettati o aggravati da requisiti di progettazione ecocompatibile obsoleti ed etichette energetiche non più pertinenti e non più in grado di aiutare i consumatori a distinguere le performance di un prodotto.
Altre critiche vertono sui risultati delle misure (regolarmente comunicati dalla Commissione).
La Corte infatti ritiene sia probabile una sovrastima rispetto alla positività dell’impatto delle direttive, dovuta all’utilizzo di ipotesi che non tengono conto della differenza tra il consumo teorico derivante da norme armonizzate e il consumo energetico effettivo, nel calcolo del quale non si prendono in considerazione la non conformità alle regolamentazioni né i ritardi di attuazione. Infine, la Corte rileva una certa inadempienza da parte di produttori e venditori a fronte di finanziamenti su vari progetti volti a rafforzare la vigilanza esercitata sulla progettazione ecocompatibile e l’etichettatura energetica: nonostante i risultati nel complesso siano stati positivi, rimane da verificare se questi abbiano effettivamente modificato il modo in cui gli Stati membri assolvono i propri doveri di vigilanza del mercato.
Le stime della stessa Commissione in proposito, evidenziano che una parte dei prodotti immessi sul mercato (tra il 10 e il 25 %) non sia conforme alla legislazione dell’UE. Le raccomandazioni suggerite dalla Corte, viste le criticità emerse, riguardano provvedimenti volti ad accelerare il processo di regolamentazione, il miglioramento della misurazione e della comunicazione dell’impatto della politica in esame mediante l’affinamento delle ipotesi sottese e l’utilizzo di una metodologia che quantifichi il consumo effettivo (e non teorico) di energia da parte degli utilizzatori finali ed, infine, l’agevolazione dello scambio di informazioni tra le autorità di vigilanza del mercato negli Stati membri, al fine di assicurare un maggior rispetto della politica comunitaria.

Il grande successo ottenuto dall’etichettatura energetica comunitaria, intesa come politica per il miglioramento dell’efficienza energetica dei piccoli e grandi elettrodomestici, degli impianti, etc., è visibile sia considerando il riscontro ottenuto da parte dei consumatori, che hanno maturato una grande sensibilità rispetto all’acquisto preferenziale di modelli appartenenti alla classe più elevata di efficienza energetica, sviluppando al contempo consapevolezza dell’importanza di tale scelta, sia considerando la risposta ottenuta da parte dei produttori, i quali sono indotti a produrre ed immettere in commercio apparecchi ad elevata efficienza richiesti dal mercato stesso.
A fronte di un trend senz’altro positivo, per raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla Comunità occorre tuttavia uno sforzo ulteriore, come evidenziato dalla Corte dei Conti europea nella relazione 01/2020 nella quale fa il punto su questi provvedimenti, evidenziandone benefici e criticità.
Tra queste ultime, il tribunale accusa dei ritardi, a suo avviso evitabili, nel processo di regolamentazione, dettati o aggravati da requisiti di progettazione ecocompatibile obsoleti ed etichette energetiche non più pertinenti e non più in grado di aiutare i consumatori a distinguere le performance di un prodotto.
Altre critiche vertono sui risultati delle misure (regolarmente comunicati dalla Commissione).
La Corte infatti ritiene sia probabile una sovrastima rispetto alla positività dell’impatto delle direttive, dovuta all’utilizzo di ipotesi che non tengono conto della differenza tra il consumo teorico derivante da norme armonizzate e il consumo energetico effettivo, nel calcolo del quale non si prendono in considerazione la non conformità alle regolamentazioni né i ritardi di attuazione. Infine, la Corte rileva una certa inadempienza da parte di produttori e venditori a fronte di finanziamenti su vari progetti volti a rafforzare la vigilanza esercitata sulla progettazione ecocompatibile e l’etichettatura energetica: nonostante i risultati nel complesso siano stati positivi, rimane da verificare se questi abbiano effettivamente modificato il modo in cui gli Stati membri assolvono i propri doveri di vigilanza del mercato.
Le stime della stessa Commissione in proposito, evidenziano che una parte dei prodotti immessi sul mercato (tra il 10 e il 25 %) non sia conforme alla legislazione dell’UE. Le raccomandazioni suggerite dalla Corte, viste le criticità emerse, riguardano provvedimenti volti ad accelerare il processo di regolamentazione, il miglioramento della misurazione e della comunicazione dell’impatto della politica in esame mediante l’affinamento delle ipotesi sottese e l’utilizzo di una metodologia che quantifichi il consumo effettivo (e non teorico) di energia da parte degli utilizzatori finali ed, infine, l’agevolazione dello scambio di informazioni tra le autorità di vigilanza del mercato negli Stati membri, al fine di assicurare un maggior rispetto della politica comunitaria.
