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26.07.2013
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Le PMI italiane pagano l’energia il 68% in più della media UE

CGIA di Mestre: 198,8 € ogni 1000 Kwh consumati per le piccole imprese, solo Cipro peggio di noi. Le grandi imprese accedono a tariffe più basse.
La CGIA di Mestre ha diffuso in questi giorni uno studio sui costi dell’energia elettrica per le piccole-medie aziende italiane, che pagano il 68,2% in più rispetto alla media europea: il costo applicato in Italia è di 198,8 € ogni 1.000 kWh consumati. Solo Cipro ha una tariffa più elevata della nostra: 234,2 €.

Secondo la CGIA, ogni 1.000 kWh una piccola impresa italiana pagherebbe 55€ di tasse, sul costo totale in bolletta le tasse arrivano al 27,7%, sul podio secondi solo alla germania, dove si paga il 32,3%. Le piccole imprese pagherebbero inoltre molto più delle grandi aziende, per le quali sono previsti degli sconti, la differenza in media arriva al 61%.

“Grazie soprattutto alle piccole imprese siamo, dopo la Germania, il secondo Paese manifatturiero d’Europa. Nonostante la crisi, le difficoltà e i problemi economici che ci assillano continuiamo a mantenere questa posizione e a rafforzarci sui mercati internazionali nonostante i costi energetici siano i più elevati d’Europa. Ma per quanto tempo possiamo ancora resistere?” L’appello di Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA  di Mestre è chiaro.

Le piccole imprese con meno di 50 addetti danno lavoro al 67% degli occupati italiani nel settore privato e costituiscono il 99,5% del totale delle imprese presenti nel nostro Paese.

“Come è possibile – continua Bortolussi – che non si intervenga per ridurre i costi
energetici a chi costituisce l’asse portante dell’economia del Paese? Più in
generale, come fa la Commissione europea ad accettare che in Europa la piccola
impresa paghi l’energia elettrica mediamente il 40% in più delle grandi aziende se,
tra il 2002 ed il 2010, l’85% dei nuovi posti di lavoro in Ue sono stati creati dalle
PMI?”


Gli 'Oneri Generali di Sistema' sono la parte con più peso


Gli oneri generali di sistema costituiscono la componente parafiscale che comprende principalmente l’incentivazione delle fonti rinnovabili (componente A3); tra il III° trimestre del 2011 e il III° trimestre del 2013, ad esempio, il prezzo dell’energia elettrica per un utente domestico medio è salito del 16,4%, mentre la componente degli oneri generali di sistema è cresciuto del 67,7%.

Dal 2009 al 2012 il gettito degli oneri generali di sistema è passato da 4,7 miliardi di euro a 11,2 miliardi di euro. Si tratta di un incremento pari al +137% spiegabile interamente con l’esplosione della componente A3 per la copertura degli schemi di incentivazione delle fonti elettriche rinnovabili, il cui gettito è salito del 233% in 4 anni passando da 3,1 miliardi di euro nel 2009 a 10,4 miliardi di euro nel 2012. Le previsioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas stimano che nel 2013 il gettito si attesterà attorno ai 14 miliardi di euro.
 
L’impatto degli oneri generali di sistema sui clienti non è uguale per tutti. Innanzitutto bisogna considerare che il decreto legislativo n. 79/99 prevede che per le attività ad alto consumo di energia, il carico degli oneri debba essere definito in misura inversamente proporzionale in rapporto ai maggiori consumi.

Questo determina, di fatto, che le grandi imprese o le imprese energivore contribuiscano in misura minore delle altre imprese o utenze.

Nel 2011, ad esempio, le utenze in alta tensione (AT) o in altissima tensione (AAT) hanno “assorbito” il 14,8% dei consumi complessivi, ma hanno contribuito solamente per il 7,4% del gettito totale degli oneri di sistema.

Fonte: CGIA Mestre