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Lavoratori autonomi: in Italia quasi la metà guadagna meno di 15.000 € l’anno
Scarsi guadagni, lavoro discontinuo e ritardo nei pagamenti. L’indagine “Vita da professionisti”, svolta dalla CGIL, mette in luce tutte le difficoltà del lavoro autonomo in Italia.
La CGIL, in collaborazione con l’Associazione Bruno Trentin, ha svolto un’indagine volta ad approfondire i bisogni e le aspettative dei professionisti autonomi. “Vita da professionisti” rappresenta la continuazione dell’inchiesta “Professionisti, a quali condizioni?” già avviata nel 2010, ed è rivolta a tutti quei professionisti non dipendenti, appartenenti a qualsiasi settore e con qualsiasi forma di contratto, ma in particolare autonomi con partita IVA.
Al questionario, somministrato online, hanno preso parte 2210 professionisti durante nove mesi, che hanno risposto a quesiti riguardanti le proprie condizioni di lavoro, la retribuzione, gli obiettivi e i cambiamenti auspicati.
Qualche dato, per cominciare. Secondo quanto stimato da Isfol e Istat, sono quasi tre milioni e mezzo i professionisti autonomi che contribuiscono al PIL per oltre il 18%. Entrando nel dettaglio dell’indagine, ben il 74,1% dei professionisti che vi hanno partecipato lavorano con Partita Iva, mentre il 18,1% lavora in situazioni di parasubordinazione.
Solo il 21,7% del campione intervistato percepisce oltre 30 mila euro annui: ben il 45,7% manifesta di condurre la propria vita in una condizione di difficoltà economica, guadagnando fino a 15 mila euro l’anno. Non solo: al disagio legato al reddito, si somma il ritardo nei pagamenti, infatti meno di un professionista su tre viene pagato puntualmente; negli altri casi, i pagamenti giungono oltre sei mesi dalla scadenza. Ben il 60% del campione afferma di arrivare a fine mese con difficoltà.
Per quanto riguarda, invece, la continuità occupazionale negli ultimi cinque anni, secondo quanto affermato dalla ricerca solo il 43,4% dei professionisti ha lavorato in modo continuativo, senza interruzioni, mentre ben il 16,1% del campione ha lavorato per periodi molto brevi, alternati a lunghe pause.
Il mestiere dei professionisti non appare affatto semplice, considerando anche i tempi da dedicare al lavoro: per percepire redditi più alti, tendenzialmente, i professionisti sono tenuti a dedicare più tempo al proprio lavoro. È evidente, dunque, secondo la ricerca, che il benessere economico sia inevitabilmente legato allo sfruttamento o all’autosfruttamento.
Ai professionisti è stato chiesto, inoltre, come vedono il proprio futuro professionale: la maggior parte di loro si autodefinisce “professionista autonomo con scarse tutele”, e oltre il 50% punta ad avere maggior continuità professionale, con più tutele.
In conclusione, dall’indagine si evince come l’autonomia rimanga uno dei punti cardine della professione autonoma, nonostante le difficoltà che comporta e le garanzie legate all’iscrizione a un albo professionale scarseggino. Ma i professionisti autonomi chiedono maggiore sostegno sia economico che fiscale, in modo da poter esercitare la propria professione in modo totalmente positivo e appassionante.
Al questionario, somministrato online, hanno preso parte 2210 professionisti durante nove mesi, che hanno risposto a quesiti riguardanti le proprie condizioni di lavoro, la retribuzione, gli obiettivi e i cambiamenti auspicati.
Qualche dato, per cominciare. Secondo quanto stimato da Isfol e Istat, sono quasi tre milioni e mezzo i professionisti autonomi che contribuiscono al PIL per oltre il 18%. Entrando nel dettaglio dell’indagine, ben il 74,1% dei professionisti che vi hanno partecipato lavorano con Partita Iva, mentre il 18,1% lavora in situazioni di parasubordinazione.
Solo il 21,7% del campione intervistato percepisce oltre 30 mila euro annui: ben il 45,7% manifesta di condurre la propria vita in una condizione di difficoltà economica, guadagnando fino a 15 mila euro l’anno. Non solo: al disagio legato al reddito, si somma il ritardo nei pagamenti, infatti meno di un professionista su tre viene pagato puntualmente; negli altri casi, i pagamenti giungono oltre sei mesi dalla scadenza. Ben il 60% del campione afferma di arrivare a fine mese con difficoltà.
Per quanto riguarda, invece, la continuità occupazionale negli ultimi cinque anni, secondo quanto affermato dalla ricerca solo il 43,4% dei professionisti ha lavorato in modo continuativo, senza interruzioni, mentre ben il 16,1% del campione ha lavorato per periodi molto brevi, alternati a lunghe pause.
Il mestiere dei professionisti non appare affatto semplice, considerando anche i tempi da dedicare al lavoro: per percepire redditi più alti, tendenzialmente, i professionisti sono tenuti a dedicare più tempo al proprio lavoro. È evidente, dunque, secondo la ricerca, che il benessere economico sia inevitabilmente legato allo sfruttamento o all’autosfruttamento.
Ai professionisti è stato chiesto, inoltre, come vedono il proprio futuro professionale: la maggior parte di loro si autodefinisce “professionista autonomo con scarse tutele”, e oltre il 50% punta ad avere maggior continuità professionale, con più tutele.
In conclusione, dall’indagine si evince come l’autonomia rimanga uno dei punti cardine della professione autonoma, nonostante le difficoltà che comporta e le garanzie legate all’iscrizione a un albo professionale scarseggino. Ma i professionisti autonomi chiedono maggiore sostegno sia economico che fiscale, in modo da poter esercitare la propria professione in modo totalmente positivo e appassionante.
