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Una ricerca dell’Arpa Umbria mette in luce le emissioni inquinanti degli impianti a biomassa
Livelli di PM10 e NOX vicini ai limiti di legge per quattro grandi impianti a biomasse.

Nel 2013 la Regione Umbria, adeguandosi alla strategia energetica europea e nazionale, ha fissato al 34% la percentuale di energia ricavata dalla combustione di biomasse, avviando al contempo un’analisi dettagliata sulle emissioni in atmosfera di quattro dei suoi impianti di produzione di energia alimentati a biomasse. I risultati di questa ricerca, davvero interessanti, pongono alcuni dubbi sull’utilizzo delle biomasse come combustibile.
Nello specifico, la ricerca sull’impatto che gli impianti a biomassa potevano avere sul territorio, in termini di qualità dell’aria e, più in generale, di inquinamento ambientale, è stata condotta considerando le concentrazioni di polveri fini primarie (PM10) e azoto (NOX) nell’atmosfera, e le relative ricadute al suolo.
Le caratteristiche tecniche di generazione ed emissione dei quattro impianti, nonché il tipo di alimentazione da biomasse sono diverse, tuttavia la loro potenza termica ed elettrica, poiché simile, può essere raffrontata e dunque generare risultati attendibili.
In particolare, dall’analisi dell’entità dell’impatto e dell’area di massima ricaduta delle emissioni prodotte da tali impianti, è emerso che:
• L’impianto n. 1, situato nel Comune di Umbertide, e alimentato a syngas (prodotto dalla combustione di legno vergine), ha mostrato avere una concentrazione di NOX molto prossima, tuttavia ancora inferiore, alla soglia di legge massima prevista per il solo NO2 (biossido di azoto);
• L’impianto n. 2, localizzato nel Comune di Avigliano Umbro, e dotato di caldaia in assetto cogenerativo alimentata a cippato, ha registrato valori massimi pressoché estremi per entrambe le sostanze inquinanti;
• L’impianto n. 3, presso il Comune di San Giustino, con tecnologia caldaia per cippato, ha segnato i valori più alti di PM10, in alcuni casi prossimi alle soglie di legge, pur essendo questo l’unico a non avere come produzione principale quella di energia elettrica da biomasse;
• L’impianto n. 4, presente nel Comune di Narni, e alimentato a biogas da digestione aerobica, è risultato essere quello con concentrazioni di PM10 al suolo più basse e trascurabili rispetto a quanto previsto dalla legge.
In conclusione, dalle simulazioni realizzate sugli impianti in esame, emerge che gli stessi, differenti per tecnologia e alimentazione, mostrano avere impatti differenti non tanto per concentrazioni di ossido di azoto o NOX, dai valori piuttosto simili, ma soprattutto per le concentrazioni di polveri fini primarie o PM10, dai quantitativi piuttosto divergenti, se si pensa a quelli massimi segnati dall’impianto n. 3 (120÷150 µg/m³), raffrontati a quelli minimi dell’impianto n. 4 (0,25÷0,30 µg/m³), tutto sommato trascurabili.
Nello specifico, la ricerca sull’impatto che gli impianti a biomassa potevano avere sul territorio, in termini di qualità dell’aria e, più in generale, di inquinamento ambientale, è stata condotta considerando le concentrazioni di polveri fini primarie (PM10) e azoto (NOX) nell’atmosfera, e le relative ricadute al suolo.
Le caratteristiche tecniche di generazione ed emissione dei quattro impianti, nonché il tipo di alimentazione da biomasse sono diverse, tuttavia la loro potenza termica ed elettrica, poiché simile, può essere raffrontata e dunque generare risultati attendibili.
In particolare, dall’analisi dell’entità dell’impatto e dell’area di massima ricaduta delle emissioni prodotte da tali impianti, è emerso che:
• L’impianto n. 1, situato nel Comune di Umbertide, e alimentato a syngas (prodotto dalla combustione di legno vergine), ha mostrato avere una concentrazione di NOX molto prossima, tuttavia ancora inferiore, alla soglia di legge massima prevista per il solo NO2 (biossido di azoto);
• L’impianto n. 2, localizzato nel Comune di Avigliano Umbro, e dotato di caldaia in assetto cogenerativo alimentata a cippato, ha registrato valori massimi pressoché estremi per entrambe le sostanze inquinanti;
• L’impianto n. 3, presso il Comune di San Giustino, con tecnologia caldaia per cippato, ha segnato i valori più alti di PM10, in alcuni casi prossimi alle soglie di legge, pur essendo questo l’unico a non avere come produzione principale quella di energia elettrica da biomasse;
• L’impianto n. 4, presente nel Comune di Narni, e alimentato a biogas da digestione aerobica, è risultato essere quello con concentrazioni di PM10 al suolo più basse e trascurabili rispetto a quanto previsto dalla legge.
In conclusione, dalle simulazioni realizzate sugli impianti in esame, emerge che gli stessi, differenti per tecnologia e alimentazione, mostrano avere impatti differenti non tanto per concentrazioni di ossido di azoto o NOX, dai valori piuttosto simili, ma soprattutto per le concentrazioni di polveri fini primarie o PM10, dai quantitativi piuttosto divergenti, se si pensa a quelli massimi segnati dall’impianto n. 3 (120÷150 µg/m³), raffrontati a quelli minimi dell’impianto n. 4 (0,25÷0,30 µg/m³), tutto sommato trascurabili.