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Sistemi di accumulo dell’energia: il futuro della rete elettrica?
Secondo il rapporto “Grid Energy Storage” 2013 del Dipartimento dell’Energia americano, i sistemi di accumulo dell’energia rappresenterebbero il futuro della rete elettrica mondiale, in virtù della loro efficienza e affidabilità.

Mentre in Italia imperversa ancora la polemica sulla validità o meno della qualifica SEU (Sistemi Efficienti di Utenza) per i sistemi di accumulo o stoccaggio dell’energia da fonti rinnovabili, abbinati agli impianti fotovoltaici, c’è chi, nel resto del mondo, fa importanti passi avanti nel campo dell’energia pulita e della modernizzazione del sistema elettrico.
Gli Stati Uniti, ad esempio, pur occupando una posizione non molto lusinghiera nella classifica mondiale per il risparmio energetico, tuttavia già da qualche anno si stanno muovendo a favore dell’immagazzinamento di energia elettrica da fonti non programmabili.
Per vincere le nuove sfide poste dal cambiamento climatico e dalla scarsità delle più tradizionali fonti energetiche disponibili (come carbone, petrolio, e gas naturale), Europa, Asia, e ora anche gli Stati Uniti stanno unendo i propri sforzi nella ricerca di energia rinnovabile, che a causa della sua caratteristica intrinseca di discontinuità, necessita di sistemi di accumulo per soddisfare la richiesta anche quando il sole o il vento non sono disponibili.
Il rapporto “Grid Energy Storage” sull’accumulazione dell’energia di rete, presentato al Senato statunitense lo scorso dicembre 2013 dal DoE, è il risultato di una valutazione dello stato attuale e della diffusione, in America e nel resto del mondo, dei dispositivi tecnologici per l’accumulo di energia elettrica, delle barriere che questi incontrano al loro sviluppo, e delle strategie che è possibile mettere in piedi per la loro promozione e diffusione.
Lo storage sarà davvero il futuro della rete elettrica? Stando al quadro presente e futuro tracciato dal rapporto americano, sembrerebbe proprio di sì. La recente approvazione di leggi a sostegno degli incentivi per i sistemi di accumulo, l’adozione, da parte di alcuni stati americani, primo fra tutti, la California, notoriamente tra i più progressisti e moderni nella federazione statunitense, degli obblighi di installazione di tali dispositivi per le utility o le aziende di servizio pubblico, la percentuale di potenza elettrica totale a disposizione della rete americana (stimata intorno al 2,3% nel 2013), sembrano essere prove più che sufficienti dei buoni propositi del Congresso americano per il futuro dell’energia elettrica.
Qualora la loro presenza venisse rafforzata e consolidata all’interno del sistema distributivo, i benefici che i sistemi di storage apporterebbero al funzionamento della rete, spiega ancora il rapporto americano, sarebbero molteplici:
- una rete elettrica resiliente e solida
- una disponibilità maggiore di energia elettrica da fonti non programmabili o rinnovabili
- una riduzione dei costi di produzione e trasmissione, e dei relativi investimenti, in quanto non sarebbe più necessario sostituire le linee elettriche esistenti o costruirne di nuove
- uno strumento di back-up affidabile e sempre disponibile in caso di black-out elettrici o congestioni
D’altro canto, invece, sarebbero almeno quattro gli ostacoli posti ad impedire il sorpasso dello storage sui tradizionali sistemi di produzione e distribuzione di energia di rete: i costi poco competitivi, l’affidabilità ancora non certificata della tecnologia, l’assenza di una regolamentazione condivisa e dell’accettazione esplicita del nuovo dispositivo da parte del comparto industriale.
Come vincere tali sfide e consentire alle tecnologie storage di imporsi in futuro quale sistema di distribuzione di energia efficiente e sicuro?
Attraverso lo sforzo congiunto di scienza & ingegneria, unite nella ricerca e lo sviluppo di nuovi materiali, componenti e sistemi, per l’immagazzinamento di energia pulita; una riduzione dei costi e la monetizzazione dei benefici e servizi (v. trasporto elettrico) garantiti dall’utilizzo di tali tecnologie; un tavolo di concerto con gli operatori di settore, al fine di redarre una regolamentazione avente per oggetto la corretta gestione degli accumuli; infine, lo studio sul campo dell’effettivo funzionamento e dei servizi forniti da tali dispositivi, che, qualora adottati su larga scala, assicurerebbero una sempre maggiore distribuzione dell’energia pulita prodotta da fonti rinnovabili nel pianeta.
Gli Stati Uniti, ad esempio, pur occupando una posizione non molto lusinghiera nella classifica mondiale per il risparmio energetico, tuttavia già da qualche anno si stanno muovendo a favore dell’immagazzinamento di energia elettrica da fonti non programmabili.
Per vincere le nuove sfide poste dal cambiamento climatico e dalla scarsità delle più tradizionali fonti energetiche disponibili (come carbone, petrolio, e gas naturale), Europa, Asia, e ora anche gli Stati Uniti stanno unendo i propri sforzi nella ricerca di energia rinnovabile, che a causa della sua caratteristica intrinseca di discontinuità, necessita di sistemi di accumulo per soddisfare la richiesta anche quando il sole o il vento non sono disponibili.
Il rapporto “Grid Energy Storage” sull’accumulazione dell’energia di rete, presentato al Senato statunitense lo scorso dicembre 2013 dal DoE, è il risultato di una valutazione dello stato attuale e della diffusione, in America e nel resto del mondo, dei dispositivi tecnologici per l’accumulo di energia elettrica, delle barriere che questi incontrano al loro sviluppo, e delle strategie che è possibile mettere in piedi per la loro promozione e diffusione.
Lo storage sarà davvero il futuro della rete elettrica? Stando al quadro presente e futuro tracciato dal rapporto americano, sembrerebbe proprio di sì. La recente approvazione di leggi a sostegno degli incentivi per i sistemi di accumulo, l’adozione, da parte di alcuni stati americani, primo fra tutti, la California, notoriamente tra i più progressisti e moderni nella federazione statunitense, degli obblighi di installazione di tali dispositivi per le utility o le aziende di servizio pubblico, la percentuale di potenza elettrica totale a disposizione della rete americana (stimata intorno al 2,3% nel 2013), sembrano essere prove più che sufficienti dei buoni propositi del Congresso americano per il futuro dell’energia elettrica.
Qualora la loro presenza venisse rafforzata e consolidata all’interno del sistema distributivo, i benefici che i sistemi di storage apporterebbero al funzionamento della rete, spiega ancora il rapporto americano, sarebbero molteplici:
- una rete elettrica resiliente e solida
- una disponibilità maggiore di energia elettrica da fonti non programmabili o rinnovabili
- una riduzione dei costi di produzione e trasmissione, e dei relativi investimenti, in quanto non sarebbe più necessario sostituire le linee elettriche esistenti o costruirne di nuove
- uno strumento di back-up affidabile e sempre disponibile in caso di black-out elettrici o congestioni
D’altro canto, invece, sarebbero almeno quattro gli ostacoli posti ad impedire il sorpasso dello storage sui tradizionali sistemi di produzione e distribuzione di energia di rete: i costi poco competitivi, l’affidabilità ancora non certificata della tecnologia, l’assenza di una regolamentazione condivisa e dell’accettazione esplicita del nuovo dispositivo da parte del comparto industriale.
Come vincere tali sfide e consentire alle tecnologie storage di imporsi in futuro quale sistema di distribuzione di energia efficiente e sicuro?
Attraverso lo sforzo congiunto di scienza & ingegneria, unite nella ricerca e lo sviluppo di nuovi materiali, componenti e sistemi, per l’immagazzinamento di energia pulita; una riduzione dei costi e la monetizzazione dei benefici e servizi (v. trasporto elettrico) garantiti dall’utilizzo di tali tecnologie; un tavolo di concerto con gli operatori di settore, al fine di redarre una regolamentazione avente per oggetto la corretta gestione degli accumuli; infine, lo studio sul campo dell’effettivo funzionamento e dei servizi forniti da tali dispositivi, che, qualora adottati su larga scala, assicurerebbero una sempre maggiore distribuzione dell’energia pulita prodotta da fonti rinnovabili nel pianeta.
